L’annuncio pasquale risuona oggi nella
Chiesa: Cristo è risorto, egli vive al di là della morte, è il Signore dei
vivi e dei morti! Nella «notte più chiara dei giorno» la parola onnipotente
di Dio che ha creato i cieli e la terra e ha formato l’uomo a sua immagine e
somiglianza, chiama a una vita immortale l’uomo nuovo, Gesù di Nazareth,
Figlio di Dio e Figlio di Maria. Pasqua è, dunque, annuncio del fatto della
risurrezione, della vittoria sulla morte, della vita che non sarà distrutta.
Fu questa la realtà testimoniata dagli apostoli; ma l’annuncio che Cristo è
vivo deve risuonare continuamente. La Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo,
custodisce questo annuncio e lo trasmette in vari modi ad ogni generazione:
nei sacramenti lo rende attuale e contemporaneo ad ogni comunità riunita nel
nome dei Signore; con la propria vita di comunione e di servizio si sforza di
testimoniarlo davanti al mondo.
Il
Calvario tre giorni dopo
I Vangeli ci raccontano numerose
apparizioni del Risorto avvenute nel giorno di Pasqua. Se è lecito esprimere
delle preferenze, quella che mi commuove di più è l'apparizione a Maria di
Magdala, piangente accanto al sepolcro vuoto.
Le si avvicina Gesù e le dice: "Perché piangi?". Donna, le
tue lacrime non hanno più motivo di scorrerti dagli occhi. A meno che tu non
pianga per gioia o per amore. Vedi: la collina del Calvario, che l'altro ieri
sera era solo un teschio coperto di fango, oggi si è improvvisamente allagata
di un mare d'erba. I sassi si sono coperti di velluto. Le chiazze di sangue
sono tutte fiorite di anemoni e asfodeli. Il cielo, che venerdì era uno
straccio pauroso, oggi è limpido come un sogno di libertà. Siamo appena al
terzo giorno, ma sono bastate queste poche ore perché il mondo facesse un
balzo di millenni. No, non misurare sui calendari dell'uomo la distanza che separa
quest'alba luminosa dal tramonto livido dell'ultimo venerdì. Non è trascorso
del tempo: è passata un'eternità. Donna, tu non lo sai: ma oggi è cominciata
la nuova creazione.
Cari amici, nel giorno solennissimo di Pasqua anch'io debbo rivolgere
a ciascuno di voi la stessa domanda di Gesù: "Perché piangi?". Le
tue lacrime non hanno più motivo di scorrerti dagli occhi. A meno che non
siano l'ultimo rigagnolo di un pianto antico. O l'ultimo fiotto di una
vecchia riserva di dolore da cui ancora la tua anima non è riuscita a
liberarsi. Lo so che hai buon gioco a dirmi che sto vaneggiando. Lo so che
hai mille ragioni per tacciarmi di follia. Lo so che non ti mancano gli
argomenti per puntellare la tua disperazione. Lo so.
Forse rischio di restare in silenzio anch'io, se tu mi parli a lungo
dei dolori dell'umanità: della fame, delle
torture, della droga, della violenza. Forse non avrò nulla da
replicarti se attaccherai il discorso sulla guerra nucleare, sulla corsa alle
armi o, per non andare troppo lontano, sul mega poligono di tiro che
piazzeranno sulle nostre terre, attentando alla nostra sicurezza, sovvertendo
la nostra economia e infischiandosene di tutte le nostre marce della pace.
Forse rimarrò suggestionato anch'io dal fascino sottile del
pessimismo, se tu mi racconterai della prostituzione pubblica sulla statale,
del dilagare dei furti nelle nostre case, della recrudescienza
di barbarie tra i minori della nostra città.
Forse mi arrenderò anch'io alle lusinghe dello scetticismo, se mi
attarderò ad ascoltarti sulle manovre dei
potenti, sul pianto dei poveri, sulla miseria degli sfrattati, sulle
umiliazioni di tanta gente senza lavoro.
Forse vedrai vacillare anche la mia speranza se continuerai a
parlarmi di Teresa che, a trentacinque anni, sta morendo di cancro. O di
Corrado che, a dieci, è stato inutilmente operato al cervello. O di Lucia
che, dopo Pasqua, farà la Prima Comunione in casa perché in chiesa, con gli
altri compagni, non potrà andarci più. O di Nicola e Annalisa che, dopo tre
anni di matrimonio e dopo aver messo al mondo una creatura, se ne sono andati
ognuno per la sua strada, perché non hanno più nulla da dirsi.
Queste cose le so: ma io voglio giocarmi, fino all'ultima, tutte le
carte dell'incredibile e dire ugualmente che il nostro pianto non ha più
ragione di esistere.
La Resurrezione di Gesù ne ha disseccate le sorgenti. E tutte le
lacrime che si trovano in circolazione sono come gli ultimi scoli delle
tubature dopo che hanno chiuso l'acquedotto.
Riconciliamoci con la gioia. La Pasqua sconfigga il nostro peccato,
frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i
soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del "terzo
giorno". Da quel versante, il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor. Le croci sembreranno antenne, piazzate per farci
udire la musica del Cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i
rantoli dell'agonia, ma i travagli del parto.
E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse,
saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d'ora le luci di un
mondo nuovo!
Buona Pasqua!
†
Don Tonino Bello