XXXII domenica del tempo ordinario/B
12 novembre 2006
Mc 12, 38-44
[38]Diceva
loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare
in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, [39]avere i primi seggi
nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. [40]Divorano le case
delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno
una condanna più grave».
[41]E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava
monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. [42]Ma venuta
una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.
[43]Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In
verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più
di tutti gli altri. [44]Poiché tutti hanno dato del loro superfluo,
essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che
aveva, tutto quanto aveva per vivere».
D: Chi sono questi scribi di cui sentiamo, spesso,
parlare nei Vangeli?
R: Gli scribi, fin dall’antichità, erano i notai e i governanti
del re.
Nell’AT troviamo Esdra come modello di tutti gli scribi. Egli
si preoccupò dell’insegnamento della Legge in Giudea e
dell’insediamento dei Giudici (Esd 7,6.10.25). La classe sacerdotale
dei leviti continuò quest’insegnamento (Ne 8,1-8). Man
mano la funzione di scriba venne fondendosi sempre più con la
funzione di sapiente (Sir 38,24) e lo studio della Sacra Scrittura passò
da prerogativa dei soli sacerdoti a pregio anche di alcuni laici (1Mac
7,12). Con l’andare del tempo si svilupperanno tra gli scribi
le correnti dei farisei, dei sadducei e degli esseni, pur resistendo
la figura dello scriba non appartenente a nessuna setta o scuola. Nel
periodo dell’evento del Cristo, gli scribi-farisei avevano un
forte influsso sulla popolazione.
D: Quali erano le funzioni degli scribi?
R: Lo studio e l’interpretazione della Legge sancita nel Tanak
(Scrittura Sacra ebraica, in parte è il nostro Antico Testamento),
le cui norme essi rendevano vincolanti per il presente; l’integrazione
della Legge con la tradizione orale degli antichi (cfr. Mt 15,1SS.);
l’insegnamento, gratuito, nelle scuole e nelle sinagoghe; esercitavano,
infine, la loro funzione di esperti della Legge anche in campo giudiziario,
alcuni sedevano come giudici nel sinedrio (il gran consiglio di Gerusalemme).
D: Perché, Gesù, contesta gli scribi?
R: Gesù, non contesta tutti gli scribi. Domenica scorsa abbiamo
visto che vi erano anche scribi giusti che cercavano la verità,
ponendosi di vero cuore sulla linea dei profeti. Gli scribi qui criticati,
sono quelli che si mettevano in mostra tra la gente, soprattutto in
ambiente religioso.
D: Perché, Gesù, dà un’accentuazione
negativa alle “lunghe vesti”? Gli abiti degli ebrei non
erano tutti lunghi?
R: Certamente a quei tempi non era in voga “l’uso dei pantaloni”.
Gli abiti erano grossomodo delle vesti. Le lunghe vesti, però,
che Gesù critica, in questo contesto, erano probabilmente capi
di abbigliamento che dovevano accrescere il loro prestigio e il loro
onore.
D: Cosa vuol dire, Gesù, quando dice che
gli scribi divoravano le case delle vedove?
R: Il termine “divorare” non va inteso, evidentemente, in
senso letterale. Gli scribi, come già detto, si attivavano anche
nel ruolo di avvocati, quindi, in questa veste svolgevano la funzione
di amministratori fiduciari delle vedove. Un comodo sistema per assicurarsi
il loro onorario era di ottenere una quota del capitale. La reputazione
di uomini compassionevoli, poi, gli dava buone probabilità di
aumentare il numero dei clienti.
D: Quale poteva essere il valore materiale degli
spiccioli offerti dalla vedova?
R: Il lepton (lo spicciolo) era il più piccolo taglio della moneta
circolante, esso equivaleva alla metà del quadrante e ad un quarto
di asse. L’asse a sua volta era la sedicesima parte del denaro,
moneta d’argento che fu data come paga giornaliera agli operai
inviati a lavorare la vigna, come narra Matteo in 20,1-16.
D: Questa vedova può essere associata a
quelle vedove le cui case erano frequentate dagli scribi?
R: Certamente la sua casa non era frequentata da quegli scribi che avevano
solo interessi economici. Infatti la donna, come ci viene presentata
da Marco, è molto povera. L’evangelista la qualifica con
un aggettivo che nell’originale greco non indica una ristrettezza
economica, ma piuttosto una condizione di povertà che fa pensare
a quella di un mendico.
D: La dichiarazione, con la quale, Gesù
ha formulato un giudizio sulle intime disposizioni della vedova; cosa
ci rivela?
R: Ci rivela la conoscenza divina di Gesù. La capacità
che egli aveva di leggere i segreti dei “cuori”. Il Signore,
inoltre, vuole attirare l’attenzione dei discepoli sulla pia e
umile vedova per far comprendere che davanti a Dio l’offerta più
preziosa era il piccolo obolo dato da lei.
D: Con il termine “tesoro” l’evangelista,
intende indicare un oggetto destinato a raccogliere le offerte?
R: No esso indica la sala del tesoro, nella quale erano disposti dei
fusti o degli scapi che avevano l’apertura sulla parete esterna
di essa in modo che i pellegrini vi potessero gettare le offerte. Secondo
la Mishna (testo religioso della tradizione ebraica), nel tesoro vi
erano tredici fusti per la raccolta dell’obolo, destinato ai sacrifici
da offrirsi nel tempio per il popolo. Questi fusti erano chiamati Shofarot
(trombe) perché avevano la forma di tromba, erano, infatti, sottili
al collo e larghi alla base.
D: Perché, Gesù si siede di fronte
al tesoro? Forse per osservare l’ostentazione di certi ricchi?
R: Può darsi che sapendo già, in virtù della sua
conoscenza divina, che da lì a poco sarebbe arrivata la povera
vedova, abbia atteso per dare un nuovo insegnamento ai discepoli. Probabile
è anche l’ipotesi, che il Maestro, affaticato per l’intensa
attività svolta durante il giorno (si pensi agli incidenti avuti
con gli scribi), si era seduto sui gradini che portavano dal cortile
delle donne a quello degli israeliti. Da questo luogo egli osservava
ciò che avveniva accanto alla camera del tesoro.
D: Nel Vangelo di Marco, il brano fin qui analizzato,
ha qualche attinenza con ciò che segue o indica la conclusione
di una prima parte dell’opera dell’evangelista?
R: Certamente ha attinenza. Nella trama di questo Vangelo, infatti,
è significativo che la critica rivolta alla corsa ai privilegi
e agli onori e a cui fa eco l’elogio della generosità di
una semplice e povera donna del popolo; venga collocato proprio a questo
punto: Gesù, infatti, sta per entrare nel santuario del cielo,
dopo aver offerto, però, tutto se stesso e dopo aver conosciuto
la più profonda umiliazione. Il Maestro addita positivamente
l’offerta della vedova, poiché prefigura l’oblazione
che egli stesso farà del proprio corpo e del proprio sangue,
sotto gli umili segni del pane e del vino.
Col suo obolo la vedova offriva a Dio tutto quello che aveva per vivere,
nell’Eucaristia, Gesù ci dona concretamente
tutto se stesso con tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere.
D:
Anche gli altri evangelisti si mostrano così duri verso gli scribi?
R: Grossomodo diciamo di si, però nel Vangelo di Matteo troviamo
meno durezza nei confronti di questi, poiché nella maggioranza
dei casi, egli, elimina dalla fonte più antica, nella rielaborazione
del racconto, il riferimento alla responsabilità diretta degli
scribi.
D: Perché Marco, ed anche gli altri evangelisti,
presentano tale severità verso gli scribi?
R: Mi soffermo sul pensiero di Marco. Per il nostro evangelista, gli
scribi, non sono interpreti della Scrittura, dalle loro labbra non esce
mai, eccetto qualche singolo caso, una citazione biblica (Mc 7,6-7.10;
9,12; 12,36). Gli argomenti che essi propongono a Gesù provengono
dalla loro problematica etica (Mc 7,5), dalle loro teocratiche ipotesi
di un messianismo terreno. (Mc 9,11; 12,35) o dal loro concetto dell’onore
di Dio, che prescinde dalla dignità della persona umana (Mc 2,6-7;
3,22; 14,64).
Per ulteriori
approfondimenti consigliamo la lettura di:
I classici blu –I QUATTRO VANGELI- Ed. BUR, 2005, Milano.
Nuovo Grande Commentario Biblico della Queriniana, Brescia, 2002.
Nuovo Dizionario Enciclopedico illustrato della Bibbia, ed Piemme, Casale
Monferrato (Al), 2005.