XXXI domenica del tempo ordinario/B
5 novembre 2006
Mc 12, 28-34
[28]Allora
si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e,
visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual
è il primo di tutti i comandamenti?». [29]Gesù rispose:
«Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è
l'unico Signore; [30]amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. [31]E il secondo
è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è
altro comandamento più importante di questi». [32]Allora
lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità
che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; [33]amarlo
con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare
il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i
sacrifici». [34]Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente,
gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno
aveva più il coraggio di interrogarlo.
D: Quali aspetti, distinguono, questo scriba dagli
altri?
R: La mancanza di ostilità verso Gesù e l’approvazione
che riceve dal Maestro. L’evangelista fa emergere, l’atteggiamento
e il desiderio sincero di apprendere, dell’interrogante che non
cerca la diatriba ma la conoscenza della verità.
D: Perché lo scriba pone questa domanda
a Gesù, non vi era forse unanimità sul “primo di
tutti i comandamenti”?
R: No, i grandi Maestri d’Israele presentavano opinioni diverse,
su quale fosse il più grande dei comandamenti, tra i 613 precetti
della Legge dell’AT (Dt 6,4-5; Lv 19,18). Ad esempio, il maestro
Hillel, sosteneva che il più grande dei comandamenti fosse: “Quello
che tu aborri per te stesso non farlo al tuo prossimo. Questa è
tutta la Legge. Il resto è commento…”.
D: Gesù nel dare la sua risposta sul più
importante dei comandamenti, cita l’AT oppure apporta un pensiero
nuovo?
R: Fa entrambe le cose. Egli cita Dt 6,4-5, il primo dei tre testi (Dt
6,4-9; 11,13-21; Nm 15,37-41) recitati due volte al giorno dai pii ebrei,
cosicché sottolinea la propria ortodossia come maestro giudeo
e inoltre fa comprendere che il comandamento di amare Dio scaturisce
proprio dalla sua natura di unico Dio, sottolineando, infine, la necessità
di andare alla radice delle cose e di agire in conformità alle
proprie disposizioni interiori, improntate all’amore, alla verità
e alla giustizia.
D: Cosa intende, Gesù, quando distingue:
Cuore, anima, mente e forza, riguardo all’amore verso Dio?
R: Non intende, certo, riferirsi alle varie parti della persona o al
suo vigore ma usa un modo di dire per accentuare il fatto che l’intera
persona deve amare Dio con tutte le risorse disponibili.
D: Perché, Gesù, aggiunge il secondo
comandamento; forse per uguagliare o unire i due comandamenti in uno
solo?
R: No, Gesù non intende unire i due comandamenti in uno solo
o tanto meno uguagliarli (cfr. Lc 10,27). Il secondo comandamento è
una citazione di Lv 19,18 ed è collegato al primo dalla parola
amare. Gesù, con questa giustapposizione, opera un originale
intervento teologico. Egli che conosce il cuore dell’uomo, i suoi
limiti e le sue potenzialità, vuole far comprendere che la disistima
di sé stessi conduce alla poca amabilità verso gli altri.
Da qui la necessità di amare se stessi per poter amare gli altri.
D: Per Gesù come deve essere l’amore
al prossimo, stando alla risposta che dà al dottore della legge?
R: Non deve essere filantropia, né semplice solidarietà
con gli altri, né soltanto riconoscimento della dignità
altrui, ma un prolungamento dell’amore che si nutre verso Dio.
L’amore del prossimo è radicato in quello di Dio, è
universale (non riguarda soltanto il vicino o il connazionale), non
deve arrestarsi al sentimento o alla parola, ma deve passare all’atto
(cfr. la parabola del buon samaritano Lc 10,25-37), ed è posto
al di sopra di altri precetti importanti, come quelli della circoncisione
e del riposo sabbatico.
D: Il Signore Gesù, con le parole: “Non
vi è altro comandamento maggiore di questi” sanziona, quindi,
in modo inequivocabile il primato dell’amore di Dio e del prossimo
sugli altri precetti?
R: Si, e le sue parole costituiscono un duro colpo per il legalismo
farisaico, il quale con il pretesto dell’amore a Dio, disobbligava
facilmente gli uomini dall’adempimento dell’amore verso
il prossimo.
D: Lo scriba, condanna il sistema sacrificale,
con le sue parole: “Più di tutti gli olocausti e sacrifici”?
R: No, il paragone dello scriba fa semplicemente eco a Os 6,6 e a 1Sam
15,22. Egli non condanna il sistema sacrificale ma conferma le parole
di Gesù, anteponendo a tale sistema l’amore a Dio e l’amore
al prossimo come i grandi principi fondamentali.
D: Cosa intende Gesù, con le parole rivolte
allo scriba: “Non sei lontano dal Regno di Dio”?
R: Più che una realtà futura qui, Gesù, indica
con l’allusione al Regno, una dimensione spaziale accessibile
da subito. La corretta comprensione da parte dello scriba di ciò
che è importante nella Legge dell’AT, lo colloca vicino
al Regno, già presente nel Cristo.
D: Perché, Gesù, non ha approfittato
della domanda dello scriba, per spiegare che l’unico Dio, pur
restando unico si manifesta in tre Persone?
R: Il mistero trinitario è una realtà che sovrasta di
tantissimo la capacità umana di comprenderlo in pienezza. Gesù
non poteva spiegare ad uno scriba, di fede fortemente monoteista, che
Dio è uno e Trino. Non avrebbe capito. I primi cristiani riflettendo
sulle parole e sulle opere di Gesù e grazie all’intervento
soprannaturale dello Spirito Santo, giungeranno alla comprensione che
il Dio unico è Padre, non solo in quanto è Creatore, ma
soprattutto perché genera eternamente il Figlio, che è
il suo Verbo (Gv 1,1-5), irradiazione della sua gloria, impronta della
sua sostanza (Eb 1,3). E che lo Spirito Santo procede dal Padre (Gv
15,26) il quale, principio senza principio, è l’origine
(non inteso in senso temporale) di tutta la vita trinitaria. Procede
anche dal Figlio per il dono eterno che il Padre ne fa al Figlio.
D: Dove, la Bibbia, insegna la dottrina trinitaria?
R: In circa 40 testi. Uno di questi è la finale del Vangelo di
S. Matteo, che dice: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19).
D: Com’è insegnato qui che vi è
un solo Dio?
R: Perché dicendo “battezzandole nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo”, Gesù attribuisce gli effetti
del battesimo (la remissione dei peccati e la rinascita ad una nuova
vita), alle tre Persone divine. Dato che solo la potenza divina può
produrre tali effetti (At 2,38; Col 2,12-13), ne consegue che Padre,
Figlio e Spirito Santo vanno collocati allo stesso livello divino: sono
un solo Dio.
D: E come appare che in quest’unico Dio
vi sono tre Persone?
R: Perché i termini <<padre>> e <<figlio>>
indicano persone distinte, aventi la stessa natura. La Sacra Scrittura,
se, li applica all’unico Dio, vuol sostenere che in lui vi è
una persona che è Padre e una che è Figlio. Lo Spirito
Santo, infine, è persona perché è collocato accanto
al Padre e al Figlio ma è distinto dall’uno e dall’altro.
D: S. Paolo insegna la dottrina trinitaria?
R: Si, in una trentina di testi. Tra cui mi sovviene citare un importante
passo: “Vi sono poi diversità di carismi ma uno solo è
lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è
il Signore; vi sono diversità di operazioni ma uno solo è
Dio, che opera tutto in tutti” (1Cor 12,4-5). Qui “L’apostolo
delle genti” insegna che vi è un solo Dio. L’opera
della nostra salvezza è dovuta al Padre (Dio) come alla sua fonte,
ma è attuata mediante i doni dello Spirito Santo e la Signoria
del Figlio, che tutto dirige. Lo Spirito Santo insieme al Padre e al
Figlio coopera alla salvezza dell’uomo.
D: La finale della 2 Cor è un passo trinitario?
R: Si, e di quelli importanti.
S. Paolo scrive: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore
di Dio (Padre) e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi”.
Qui è insegnata la dottrina trinitaria, poiché i doni
divini della salvezza (grazia, amore e comunione) sono attribuiti in
uguale misura alle tre persone divine.
Per maggiori
approfondimenti cfr. Noi crediamo – Piccolo Catechismo”
n.1, di P. Nicola Tornese s.j. Napoli, 1992, pp. 34-44.
I classici blu – I QUATTRO VANGELI - Ed. BUR, 2005, Milano.
Nuovo Grande Commentario Biblico della Queriniana, Brescia, 2002.
Catechismo della Chiesa Cattolica – Compendio – Cap. 1°