Natività di S. Giovanni Battista/C
24 giugno 2007
Lc 1,57-66.80
[57]Per
Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce
un figlio. [58]I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato
in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
[59]All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano
chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. [60]Ma sua madre intervenne:
«No, si chiamerà Giovanni». [61]Le dissero: «Non
c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
[62]Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
[63]Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il
suo nome». Tutti furono meravigliati. [64]In quel medesimo istante
gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo
Dio. [65]Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la
regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. [66]Coloro
che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai
questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava
con lui.
[80]Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni
deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
D:
Chi venne per circoncidere il bambino? E chi era obbligato a ricevere
tale rito?
R: I vicini ed i parenti vennero per la circoncisione del neonato. Il
rito della circoncisione (segno dell’Alleanza tra Jahweh ed Israele:
Gn 17,11) si compì in casa di Zaccaria all’ottavo giorno.
Questo rito doveva essere compiuto sul neonato all’ottavo giorno,
anche se questi coincideva con il sabato (cfr. Gv 7,23) e obbligava
ogni bambino di sesso maschile. Il rito non era riservato ai sacerdoti,
ma poteva essere compiuto in casa, da qualsiasi ebreo anche donna (1Mac
1,60-62; 2Mac 6,10) data la sua importanza religiosa.
D: Ma l’imposizione del nome non veniva
fatta al momento della nascita?
R: Si, secondo l’AT il nome era dato alla nascita, ma in epoca
tarda si registra questa consuetudine, cioè, di imporre il nome
alla circoncisione come ci attesta il Vangelo di S. Luca (Lc 2,21).
L’uso, documentato dal Vangelo, aveva una motivazione; infatti,
era conveniente e indicativo imporre il nome ad un bambino ebreo, quando
questi era inserito nel popolo eletto, ricevendo sul proprio corpo il
segno dell’Alleanza.
D: Perché al bambino vogliono imporre il
nome di suo padre?
R: Imporre al neonato il nome del proprio padre era contro il costume
universale seguito al tempo. Ci sfugge la ragione che ha suggerito questo
atto, si può congetturare che l’omonimia tra il padre ed
il figlio non doveva generare una confusione tra di essi, perché
Zaccaria era già avanzato negli anni; di più, in quel
caso singolare, il nome del padre imposto anche al figlio dava un significato
particolare a quella esistenza appena sbocciata; la nascita di quel
bambino era, infatti, dovuta alla misericordia di Dio che aveva reso
fecondi due coniugi sterili ed anziani. Il nome “Zaccaria”
richiamava questo singolare intervento divino dato il suo significato
etimologico: Jahweh si ricorda.
D: La decisione di Elisabetta: “No,
ma sarà chiamato Giovanni” deriva, forse da una rivelazione
divina?
R: No, dal contesto non si evince ciò; certamente Zaccaria, anche
se colpito da mutismo, avrà spiegato con cenni o con la scrittura,
già in antecedenza, a sua moglie quale fosse la volontà
di Dio riguardo al nome.
D: Come mai gli intervenuti domandarono con cenni,
dato che Zaccaria era solo muto?
R: In effetti il Vangelo ci mostra inizialmente, un Zaccaria colpito
dal solo mutismo però, questa scena lascia logicamente supporre
che egli non era soltanto rimasto muto ma era stato colpito anche da
sordità.
D: S. Luca ama mostrare la meraviglia causata
da fatti straordinari?
R: Si, soprattutto nel Vangelo dell’infanzia di Gesù; l’Evangelista
ricorda lo stupore in occasione dell’imposizione del nome, determinato
dall’accordo che i presenti avevano notato tra Zaccaria ed Elisabetta.
Questo senso di stupore è presentato in altre situazioni: la
concezione miracolosa di Giovanni, il mutismo di Zaccaria in coincidenza
con la gestazione d’Elisabetta, la vita ritirata che questa donna
aveva condotto dopo la sua maternità.
D: Come può essere definito Giovanni Battista?
R: Come un predicatore di penitenza, in tal modo fu definito anche dal
famoso storico Giuseppe Flavio. Il Battista svolse la sua attività
pubblica nel 27/28 d.C.
D: Qual è la provenienza di Giovanni?
R: Secondo il Vangelo di Lc, egli nasce sui monti della Giudea, da Elisabetta
e Zaccaria ed è quindi imparentato con Gesù. Secondo una
tradizione cristiana successiva, il Battista proverrebbe da Ain Karim,
vicino a Gerusalemme.
D: Come il NT presenta Giovanni?
R: Come il precursore di Gesù: “Una voce che grida
nel deserto” (Gv 1,23). La narrazione della sua nascita è
esposta in Lc, in uno stretto parallelismo con il racconto della nascita
di Gesù. A Zaccaria come a Maria, è predetta la nascita
di un figlio. Giovanni vive secondo la tradizione dei Nazirei, già
scomparsi a suo tempo, con barba intonsa, rivestito di un abito rozzo
in tessuto di peli di cammello, nel deserto della valle del Giordano.
Qui egli predica come i profeti di un tempo, parlando del regno di Dio.
Esso è imminente, dichiara, e occorre darsi alla penitenza e
farsi battezzare. Dopo avere opposto resistenza, Giovanni battezza anche
Gesù.
D: Come i Vangeli ci presentano il rapporto tra
Giovanni e Gesù?
R: In maniera differenziata: Giovanni deve diminuire e Gesù crescere
poiché egli è l’agnello di Dio. Il Maestro asserisce
di Giovanni che è l’Elia atteso. Dalla prigione, il Battista
chiede se Gesù è realmente colui che deve venire.
D: Della morte di Giovanni ci parlano solo i Vangeli?
R: No, abbiamo notizie anche dallo storico Giuseppe Flavio nella sua
opera Antiquitates, XVIII 5,2. Erode Antipa lo fa giustiziare nel 29
D.C., per paura che possa spingere il popolo ad una sommossa. Secondo
Giuseppe Flavio, Erode intese rendere Giovanni innocuo, prima che egli
potesse mettere in pericolo il suo dominio. Il motivo fornito dal NT
è che il Battista avrebbe rinfacciato ad Erode la vergogna del
suo matrimonio con la nipote e cognata Erodiade, proibito dalla legge
ebraica. Erodiade e la figlia Salomè avrebbero indotto Erode,
durante un banchetto, a condannare il Precursore del Messia, a morte.
Per ulteriori approfondimenti consigliamo la lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico della Queriniana,
Brescia, 2002.
Nuovo Dizionario Enciclopedico illustrato della Bibbia,
ed Piemme, Casale Monferrato (Al), 2005
I Classici Blu, I Quattro Vangeli, ed. BUR, Milano,
2005