SS. Corpo e Sangue di Cristo/C
10 giugno 2007
Lc 9,11-17
In
quel tempo, [11]Gesù prese a parlare alle folle del regno di
Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. [12]Il giorno cominciava
a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la
folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per
alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta».
[13]Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare».
Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a
meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente».
[14]C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli:
«Fateli sedere per gruppi di cinquanta». [15]Così
fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. [16]Allora egli prese
i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse,
li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero
alla folla. [17]Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate
furono portate via dodici ceste.
D: Che cosa
dice la Bibbia sull’Eucarestia?
R: Nella Sacra Scrittura abbiamo numerose testimonianze che giustificano
appieno la fede e il culto della Chiesa Cattolica nell’Eucarestia,
vale a dire nella Santa Messa come presenza reale di Cristo e il suo
carattere di sacrificio.
D: Qual è la più antica testimonianza
biblica?
R: Certamente, la più antica è quella della 1Cor 10,14-21.
Questa pericope dice che come gli ebrei hanno il loro sacrificio per
cui mangiando le vittime entrano in comunione con la vittima stessa
ossia, in un rapporto intimo con Dio, cosi i cristiani partecipando
alla Santa Cena, compiono un sacrificio ed entrano in stretto rapporto
con Cristo.
D: S. Paolo parla anche di sacrifici pagani?
R: Si, per distogliere i cristiani dal partecipare a riti pagani. Egli
mette in contrasto il sacrificio pagano con quello dei cristiani. Intanto
i cristiani non devono partecipare ai riti sacrificali pagani, in quanto
essi hanno già, nella Santa Cena, il loro rito sacrificale. In
questo rito, il pane e il corpo di Cristo, divengono un'unica realtà;
coloro che si cibano del pane eucaristico entrano in comunione con Cristo.
Nel pane, dunque, Cristo è realmente presente.
D: Vi è qualche altra importante testimonianza
di S. Paolo sull’Eucarestia?
R: Certo, nella 1Cor 11,23-29. Qui, S. Paolo afferma in modo molto più
esplicito la presenza del Corpo e Sangue di Cristo nel pane e nel vino
della Santa Cena. Egli rimprovera i cristiani di Corinto perché
si comportavano in modo indegno verso il Corpo e il Sangue del Signore.
L’Apostolo dice che coloro che mancano di rispetto verso il pane
e il vino consacrati, mancano di rispetto verso il Corpo e il Sangue
di Cristo. Questo non lo potrebbe affermare se nel pane e nel vino consacrati
non ci fosse realmente né Corpo, né Sangue del Signore.
D: Dice ancora altro S. Paolo riguardo a questo
testo?
R: Si, egli rimprovera quei cristiani perché col loro comportamento
mostrano di non distinguere tra pane comune e pane consacrato. Il pane
e il vino consacrati non sono più cibo comune ma, Corpo e Sangue
del Signore, il quale deve perciò essere realmente presente.
D: S. Paolo, in questo passo, tratta anche della
natura sacrificale della Santa Cena?
R: Si, perché ricorda le parole di Gesù che chiamò
il calice “la Nuova Alleanza nel mio Sangue”. Dato
che il Nuovo Patto è stato attuato mediante il Sangue di Cristo,
anche il contenuto del calice deve avere la natura o virtù sacrificale
del Sangue di Cristo.
D: Che altro dice S. Paolo riguardo all’Ultima
Cena?
R: Dice che mangiando e bevendo il pane e il vino, i cristiani annunziano
la morte del Signore. In sintesi, egli afferma che il pane e il vino
nella Santa Cena sono un ricordo effettivo, ossia un rinnovamento o
memoriale, non soltanto simbolico, del sacrificio di Cristo sulla Croce.
D: Oltre a S. Paolo chi altro parla della Cena
del Signore?
R: I primi tre evangelisti, detti comunemente: “Sinottici”.
I Vangeli raccontando la storia dell’Ultima Cena di Gesù,
riportano le sue stesse parole e il suo comando di rinnovarla in sua
memoria (Mc 14,22-24; Mt 26,26-28; Lc 22,19-20). Il verbo essere delle
parole di Gesù: “Questo è il mio Corpo…questo
è il mio Sangue…” ha un significato reale, non
simbolico, e perciò in virtù di quelle parole si attua
nel pane e nel vino consacrati una presenza reale del Corpo e Sangue
di Cristo.
D: Solo dal verbo essere sappiamo, che Gesù
ha inteso attribuire un significato reale e non simbolico, alle sue
parole?
R: No, ma anche dal fatto che Gesù ha pronunziato quelle parole
su un pane e un vino determinati: quelli che aveva tra le mani e offriva
a tutti i presenti. Ha detto “questo pane…questo
vino…” e non, qualunque pane e qualunque
vino. Se avesse detto: il pane è il mio Corpo, il vino è
il mio Sangue, si sarebbe potuto pensare che avesse usato un linguaggio
simbolico come quando disse “il seme, cioè qualunque seme,
è la parola di Dio” (cfr. Lc 8,11). Dicendo invece “Questo”,
e non altro, indica chiaramente che quel pane e quel vino hanno un rapporto
tutto particolare, unico, col suo Corpo e il suo Sangue. Questo rapporto
costituisce la Presenza reale.
D: E se non fosse così, cosa dovremmo pensare
di Gesù?
R: Dovremmo dire che ha voluto ingannare i suoi discepoli dicendo una
cosa non vera, come quando un maestro di scuola mostra ai suoi alunni
un oggetto e dice: “questo è un pezzo di legno”
se ciò non fosse vero, quel maestro ingannerebbe i suoi alunni.
D: Come, la riflessione teologica, ha presentato
la dottrina sulla presenza reale?
R: Usando la parola “transustanziazione”. Con tale
termine ha inteso spiegare che il pane e il vino consacrati, pur rimanendo
tali ai sensi della vista, del tatto, del gusto, non sono più
tali nella loro intima realtà. Il Signore glorioso, restando
quello che è, si rende presente nel pane e nel vino. Con la parola
“transustanziazione”si è voluto rendere il vero significato
della frase biblica: “Questo è il mio corpo, questo
è il mio sangue”.
D: S. Giovanni, però, ricordando l’ultima
Cena, non parla dell’istituzione dell’Eucarestia?
R: S. Giovanni non parla dell’istituzione dell’Eucarestia
perché, alla redazione finale del suo Vangelo, la celebrazione
Eucaristica era un dato di fatto. Il suo è un Vangelo teologico,
egli ci ha conservato una riflessione profonda sull’Eucarestia
come nel famoso discorso di Gesù a Cafarnao, che è la
promessa del pane Eucaristico (Cfr. Gv 6,51-68).
D: E che cosa ha detto Gesù in quel discorso?
R: Ha detto parole chiare come queste: “In verità,
in verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo
e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita…perché
la mia carne è vero cibo e il sangue è vera bevanda”.
I Giudei compresero bene le parole di Gesù a tal punto che alcuni,
scandalizzati, pensarono che egli voleva dar da mangiare e bere il suo
sangue in senso materiale. Gesù non ritrattò le sue parole
ma spiegò che non bisognava attribuire ad esse un significato
carnale.
D: E come spiegò Gesù questo?
R: Egli disse che lo Spirito Santo avrebbe dato l’esatta intelligenza
delle sue parole. Voleva, inoltre, che i suoi discepoli, anche senza
vedere coi sensi la sua presenza nel pane consacrato, avessero accettato
per fede la sua promessa.
D:
Qual è l’effetto sulle folle della moltiplicazione dei
pani?
R: Le folle, di fronte a tale miracolo, sperano che Gesù sia
veramente il Messia atteso da secoli. Quel Messia che, si pensava, avrebbe
liberato il popolo eletto su un piano essenzialmente politico e sociale.
Gesù però non poteva accettare questo piano, appena terminato
quel pranzo straordinario, segno del suo amore, egli si ritira in preghiera.
D: Qual è il messaggio Eucaristico che
ci è stato trasmesso attraverso la moltiplicazione dei pani?
R: La moltiplicazione dei pani simboleggia la grande distribuzione
del pane Eucaristico nel mondo per l’opera della Chiesa. Le parole:
“Dategli voi stessi da mangiare” indicano il mandato
che Gesù affida agli Apostoli e attraverso di loro al Papa, ai
Vescovi e ai Sacerdoti di essere ministri dell’Eucarestia. Il
loro mandato nasce dall’Eucarestia e solo per le loro mani è
possibile una celebrazione Eucaristica dove avviene la transustanziazione.
Per ulteriori approfondimenti:
P. Nicola Tornese; la Cena del Signore; piccola collana
N.18, Napoli