Approfondimento sul Vangelo della domenica

"Tante volte, nell’ascoltare la Parola di Dio, ci poniamo delle domande sul significato di alcune espressioni che per noi, nell’oggi, risultano inusuali. A volte non riusciamo a prestare la dovuta attenzione all’omelia del sacerdote, durante la Santa Messa. Capita, pure, che il sacerdote non può spiegare tutto nei pochi minuti dell’omelia, alcune pagine della Sacra Scrittura sono, infatti, ricchissime di significato.
Per questo motivo abbiamo pensato a questa “pagina” settimanale che ha lo scopo di rispondere alle domande che la Parola di Dio fa sorgere in noi."


XVII domenica del tempo Ordinario/C
29 luglio 2007

Lc 11,1-13

[1]Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». [2]Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
[3]dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
[4]e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione».
[5]Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, [6]perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; [7]e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è gia chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; [8]vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
[9]Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. [10]Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. [11]Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? [12]O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? [13]Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».



D: Perché la preghiera, per eccellenza, dei cristiani è chiamata “Padre Nostro”?
R: È chiamata "Padre Nostro" dalle parole iniziali della preghiera, oppure "Preghiera del Signore". Secondo quanto riportato nel Vangelo secondo Luca 11,1. La preghiera fu insegnata da Gesù ai suoi apostoli quando, in occasione di un momento in cui egli si era ritirato in orazione, gli apostoli stessi gli chiesero che insegnasse loro a pregare, così come Giovanni Battista aveva insegnato ai suoi discepoli.

D: Riguardo a tale pericope, quali sono le differenze tra Luca e Matteo?
R: Luca racconta che uno dei discepoli chiese a Gesù di insegnar loro a pregare subito dopo un suo momento di preghiera personale. In Matteo non si legge della richiesta del discepolo, ma fu iniziativa di Cristo l’insegnamento del Padre Nostro; L’invocazione: Luca invoca Dio solo come "Padre", mentre Matteo come "Padre nostro che sei nei cieli"; In Luca non c’è la richiesta della realizzazione della volontà di Dio sulla terra come in cielo; In Luca non si menziona l'invocazione finale "liberaci dal male / Maligno;" Luca usa "peccati" invece del più giudirico debiti.

D: Qual è lo sfondo dei due racconti?
R: Lo sfondo dei due racconti è lo stesso: Gesù mostra alla sua gente qual è la forma corretta di rivolgersi a Dio. Matteo da uno sviluppo più intenso e profondo. Il racconto di Matteo sul Padre Nostro risulta così più appassionato, anche per il fatto che qui Gesù è su una montagna circondato da una moltitudine di persone ansiose di ascoltare le sue parole; la versione di Luca, per contro, ci restituisce un Cristo più spirituale, che prega solitario, che causa l’ammirazione di un discepolo, quest’ultimo aspetta pazientemente che il Maestro finisca di pregare per chiedergli di insegnar loro a pregare.

D: Quali ipotesi sono state formulate sulle differenze fra Matteo e Luca?
R: Vi sono tre ipotesi sulle differenze fra i racconti del Padre Nostro che ci rendono i due vangeli. Se si assume che Gesù abbia pronunciato una sola volta il Padre Nostro, si conclude che uno dei due vangeli è più fedele ai fatti, e l’altro un po’ meno: 1) se il testo di Luca fosse quello più vicino alle parole di Gesù, significherebbe che, al momento di trasmetterle, in alcuni casi si sarebbero aggiunte piccole perifrasi, pervenendo così alla versione di Matteo; 2) se fosse il testo di Matteo quello più fedele al discorso originale, allora i cristiani abbreviarono, nella tradizione raccolta da Luca, la preghiera, verosimilmente per dimenticanza. La terza ipotesi presume che Gesù avesse pronunciato in più occasioni il Padre Nostro: 3) la preghiera era un elemento fondamentale per Gesù, e quindi molto probabilmente ripeté molte volte il Padre Nostro, anche per favorirne l’apprendimento da parte dei suoi discepoli. Matteo e Luca avrebbero raccolto questa orazione in momenti diversi. In effetti, le differenze fra le due versioni del Padre Nostro sono abbastanza marginali, ed in pratica la Chiesa primitiva optò per il testo di Matteo, probabilmente in quanto più adorno e bilanciato.

D: Alcuni si sono chiesti se Gesù ha recitato “e perdonaci i nostri peccati” anche per se stesso?
R: Il caso, che Gesù avesse recitato tali parole anche per se stesso, sarebbe in contrasto col dogma della mancanza di peccato in Gesù Cristo. Per i cattolici, Gesù ha espresso tale formula, come preghiera per i suoi discepoli.

D: Qual è il senso del “ne nos inducas in tentationem”?
R: nelle traduzioni non sempre è chiaro il senso. Le traduzioni italiane risentono della traduzione latina. Sembra che il senso sia: non permettere che cadiamo quando siamo tentati. La preghiera chiede la forza di vincere la tentazione di Satana. Alcuni vangeli apocrifi hanno un'altra forma per la frase in questione, argomentando implicitamente che Dio non può tentare i suoi fedeli. Il "male" finale: sembra che il testo, più che al concetto astratto si riferisca al "Maligno", cioè al Tentatore, il diavolo, Satana. Il termine greco "epiousion" è, secondo lo stesso Origene, di dubbia interpretazione. Esso potrebbe significare "trans-sustanziale" o "quotidiano". Da questa ambiguità del testo greco originale derivano le diversità tra le traduzioni di questa parola in diverse lingue moderne.

D: Perché il Padre nostro è l'orazione più eccellente?
R: Il Padre nostro è l'orazione più eccellente perché l'ha composta e ce l'ha insegnata Gesù Cristo stesso; perché contiene chiaramente in poche parole tutto quello che possiamo sperare da Dio; ed è la regola e il modello di tutte le altre orazioni.

D: Il Padre nostro è anche l'orazione più efficace? E perché è detta “orazione domenicale?
R: Essa è la più efficace, perché è la più accetta a Dio; infatti, noi preghiamo con le stesse parole che ci ha dettate il suo divin Figlio. Il Padre nostro è detta anche orazione domenicale, che vuol dire preghiera del Signore, perché l'ha insegnata Gesù Cristo di propria bocca.

D: Quante domande ci sono nel Padre nostro?
R: Nel Padre nostro ci sono sette domande, precedute da un proemio.

D: Perché possiamo dire che siamo figli di Dio?
R: Noi siamo figli di Dio: 1º Perché Egli ci ha creato a sua immagine e ci conserva e governa con la sua provvidenza; 2º Perché ci ha, per speciale benevolenza, adottati nel Battesimo come fratelli di Gesù Cristo e coeredi, insieme con lui, della Gloria Eterna. Inoltre, chiamiamo Dio: Padre nostro e non Padre mio, perché tutti siamo suoi figli e perciò dobbiamo riguardarci e amarci tutti come fratelli, e pregare gli uni per gli altri.

D: Essendo Dio in ogni luogo, perché gli diciamo: che sei nei cieli?
R: Dio è in ogni luogo; ma diciamo: Padre nostro, che sei nei cieli, per sollevare i nostri cuori al cielo (immagine di ciò che ci trascende), dove Dio si manifesta nella Gloria ai suoi figli.

D: Che cosa chiediamo nelle sette domande del “Padre Nostro”?
R: Nella prima domanda: Sia santificato il tuo nome, chiediamo che Dio sia conosciuto, amato, onorato e servito da tutto il mondo, e da noi in particolare; che gli infedeli giungano alla cognizione del vero Dio, gli eretici riconoscano i loro errori, gli scismatici ritornino all'unità della Chiesa, che i peccatori si ravvedano e che i giusti siano perseveranti nel bene. Con la seconda, Venga il tuo regno intendiamo un triplice regno: spirituale; cioè il regno di Dio in noi, ossia il regno della Grazia; il regno di Dio in terra, cioè la Chiesa Cattolica; e il regno di Dio nei cieli, ovvero il Paradiso. Nella terza domanda: Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra, chiediamo la grazia di fare in ogni cosa la volontà di Dio obbedendo ai suoi santi comandamenti così prontamente, come gli Angeli e i Santi gli obbediscono in cielo. Chiediamo inoltre la grazia di corrispondere alle divine ispirazioni, e di vivere rassegnati alla volontà di Dio quando egli permette delle tribolazioni. Nella quarta domanda: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, chiediamo a Dio ciò che ci è necessario ogni giorno per l'anima e per il corpo: Per la nostra anima domandiamo a Dio il sostentamento della vita spirituale: cioè preghiamo il Signore che ci doni la sua Grazia, di cui abbiamo continuamente bisogno; per il nostro corpo domandiamo ciò che è necessario al sostentamento della vita temporale. Diciamo dacci oggi il nostro pane, e non piuttosto: dacci oggi il pane, per escludere ogni desiderio della roba d'altri; perciò preghiamo il Signore che ci aiuti nei guadagni giusti e leciti, affinché ci procuriamo il vitto con le nostre fatiche, senza furti e inganni. Diciamo, inoltre, dacci invece di dammi per allontanare da noi ogni forma d’egoismo e avarizia. E aggiungiamo quotidiano, perché dobbiamo desiderare quello che c’è necessario alla vita, e non l'abbondanza dei cibi e dei beni della terra. Nella quinta domanda: E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, chiediamo a Dio che ci perdoni i nostri peccati come noi perdoniamo ai nostri offensori. Nella sesta domanda: E non ci indurre in tentazione, chiediamo a Dio che ci liberi dalle tentazioni, o non permettendo che siamo tentati, o dandoci Grazia di non essere vinti. Nella settima domanda: Ma liberaci dal male, chiediamo a Dio che ci liberi dai mali passati, presenti e futuri, e specialmente dal sommo male che è il peccato e dalla dannazione eterna, che ne è la pena. Inoltre diciamo liberaci dal male e non dai mali, perché non dobbiamo desiderare di andare esenti da tutti i mali di questa vita, ma solamente da quelli che non giovano alla nostra anima, e perciò domandiamo la liberazione dal male in genere, cioè da tutto ciò che Dio vede essere per noi male. L’Amen finale vuol dire: così sia, così desidero, così prego il Signore e così spero.



Per maggiori approfondimenti invito alla lettura del Dizionario Biblico, ed. PAOLINE; Catechismo della Chiesa Cattolica.

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