XXXII
domenica del tempo Ordinario/C
11 novembre 2007
Lc 20, 27-40
[27]Gli
si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione,
e gli posero questa domanda: [28]«Maestro, Mosé ci ha prescritto:
Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello
si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. [29]C'erano
dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì
senza figli. [30]Allora la prese il secondo [31]e poi il terzo e così
tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. [32]Da ultimo
anche la donna morì. [33]Questa donna dunque, nella risurrezione,
di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta
in moglie». [34]Gesù rispose: «I figli di questo
mondo prendono moglie e prendono marito; [35]ma quelli che sono giudicati
degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono
moglie né marito; [36]e nemmeno possono più morire, perché
sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli
di Dio. [37]Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosé
a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio
di Isacco e Dio di Giacobbe. [38]Dio non è Dio dei morti, ma
dei vivi; perché tutti vivono per lui». [39]Dissero allora
alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». [40]E non osavano
più fargli alcuna domanda.
D:
In che senso i Sadducei negavano che vi fosse resurrezione?
R: Essi interpretavano le antiche profezie, solo nel senso di una futura
restaurazione nazionale d’Israele; inoltre, essi non credevano
nemmeno nell’esistenza degli angeli e accettavano come ispirato
da Dio il solo Pentateuco (i primi 5 libri della Bibbia = Torah)
D:
Come risponde Gesù?
R: Gesù risponde non solo mostrando la sua autorità, nell’interpretare
la Legge Mosaica, ma dimostrando anche la sua fede e la sua fiducia
in Yahweh che ha il potere di ridare la vita.
D:
Quali erano le concezioni predominanti al tempo di Gesù?
R: Alcuni, sulla scia della cultura greca, sostenevano che l’anima
dell’uomo fosse immortale per sua natura; la morte era considerata
come la separazione dei due elementi del composto umano (il corpo scende
nel sepolcro e l’anima sale a Dio). La maggioranza degli ebrei,
però, considerava l’uomo come “unità organica”
così che, lo stesso “insieme personale” subiva la
morte: la speranza in una Salvezza era vista, fondamentalmente, come
futura e storica.
D:
Cosa vuol dire, che gli ebrei immaginavano la Salvezza come futura e
storica?
R: Che il popolo d’Israele nel suo insieme riceverà alla
fine, la gloria del compimento delle promesse e la benedizione di una
presenza trasformante di Dio, già in questo mondo. Tutto l’evolversi
della storia è stato un avanzare verso questa meta; le generazioni
passate, i defunti saranno come il fondamento del Nuovo Israele che
sorgerà in quel tempo, in modo pieno.
D:
Quindi al tempo di Gesù, questa era la visione dominante?
R: Non esattamente, la riflessione in tal senso andò approfondendosi.
Si andò precisando che i giusti del Regno Futuro (o pienezza
futura) non avrebbero più subito la morte e i giusti dei tempi
passati avrebbero ripreso la vita (risurrezione) per partecipare della
Gloria dei salvati nel Tempo Escatologico.
D:
Su che cosa giostrano i sadducei, per ridicolizzare la dottrina che
rifiutano e mettere in difficoltà Gesù?
R: Essi fondandosi sulla legge del levirato (Dt 25,5) propongono a Gesù
un aneddoto, esagerandolo. Il Maestro Divino va molto al di sopra, del
piano puramente materiale in cui si muovono i suoi avversari: nel mondo
della resurrezione non sarà più necessario sposarsi e
generare. Alla questione di fondo, Gesù risponde con un atto
di fede in Dio, il Vivente: non un Dio per lo spazio breve e fugace
di una vita umana, ma il Dio dell’Alleanza che non si contenta
di un’esistenza corruttibile; non un Dio di uomini condannati
all’inesistenza ma, il Dio di uomini che non bloccano l’anelito
alla trascendenza. Ammettere che Dio ama la creatura umana, sua immagine
e somiglianza, solo finché essa ha vita, oppure ammettere che
Yahweh possa dimenticare l’amore che ha per ogni singola sua creatura,
sarebbe negare l’esistenza stessa di Dio. Se Dio stringe l’Alleanza
con i mortali, lo fa precisamente perché intende impegnarsi per
sempre.
INFERNO
I
parte
D:
Gesù asserisce: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque
odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida
possiede in se stesso la vita eterna » (1 Gv 3,14-15); cosa vuole
insegnarci, Gesù, con queste parole?
R: Che non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente
di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro
di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi. Nostro Signore
ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi
bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. Morire in peccato
mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso
di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra
libera scelta.
D:
Che cosa indica la parola “Inferno”?
R: Indica lo Stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con
Dio e con i beati.
D:
Gesù parla dell’Inferno?
R: Si, egli parla ripetutamente della « geenna », del «
fuoco inestinguibile », che è riservato a chi, sino alla
fine della vita, rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono
perire sia l'anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe:
« Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno
[...] tutti gli operatori d’iniquità e li getteranno nella
fornace ardente » (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la
condanna: « Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! »
(Mt 25,41).
D:
Sulla base delle parole di Gesù, cosa afferma il Magistero della
Chiesa?
R: Esso, nel suo insegnamento, afferma l'esistenza dell'Inferno e la
sua eternità. Le anime di coloro, che muoiono in stato di peccato
mortale, dopo la morte passano immediatamente negli inferi, dove subiscono
le pene dell'inferno, « il fuoco eterno ». La pena principale
dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio. Soltanto in Yahweh,
l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è
stato creato e alle quali aspira.
D:
Gesù c’invita: « Entrate per la porta stretta, perché
larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione,
e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è
la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono
quelli che la trovano! » (Mt 7,13-14); quale porta e quale via
dobbiamo intraprendere?
R: La Porta e la Via intraprese dallo stesso Gesù. Esse improntano
la nostra vita sulla scia della Legge Divina e sulla Verità che
scaturisce dall’insegnamento del NT. Dio, infatti, non predestina
nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di un’avversione
volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla
fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli,
la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole «
che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi » (2
Pt 3,9)..
Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Inferno, Padri Gesuiti, Viale
S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli.
Mistici e Misteri-vite soprannaturali, studi Mamre, Mondolibri, Milano
2006.
Catechismo della Chiesa Cattolica