XXXI
domenica del tempo Ordinario/C
4 novembre 2007
Lc 19, 1-10
[1]Entrato
in Gerico, attraversava la città. [2]Ed ecco un uomo di nome
Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, [3]cercava di vedere quale fosse
Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché
era piccolo di statura. [4]Allora corse avanti e, per poterlo vedere,
salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
[5]Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli
disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi
a casa tua». [6]In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. [7]Vedendo
ciò, tutti mormoravano: «E' andato ad alloggiare da un
peccatore!». [8]Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco,
Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato
qualcuno, restituisco quattro volte tanto». [9]Gesù gli
rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché
anch'egli è figlio di Abramo; [10]il Figlio dell'uomo infatti
è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
D:
Ha significato il fatto che Zaccheo sia cittadino di Gerico e capo dei
pubblicani?
R: Si, egli è cittadino di una città maledetta ed inoltre
è capo di strozzini, di gente che viveva di profitti illeciti;
Zaccheo più dei suoi uomini era oggetto dell’odio da parte
del popolo. Il significato che emerge dal fatto storico è che
Gesù sceglie uno dei peggiori e né fa un figlio di Abramo.
D:
Che differenza c’è tra la guarigione del cieco (cfr. Lc
18,34-45) e l’episodio di Zaccheo?
R: Il cieco guarito durante il viaggio è povero e non deve lasciare
nessun bene esteriore quando decide di seguire Gesù. Zaccheo
invece è ricco e di una ricchezza ingiusta; Gesù gli trasmette
il dono dell’amore di Dio ed egli avverte nel proprio intimo che
non può accogliere tale dono se non dà il “Via”
ad un’autentica conversione di vita: non solo a parole ma con
i fatti. Il cieco si presenta sulla via che Gesù sta percorrendo
e lo supplica… si mette nella luce di Dio che passa in Gesù
e diviene simbolo dell’uomo che è aperto al Mistero e osa
bussare alle sue porte. Gesù, di conseguenza, gli apre gli occhi
del corpo e dell’anima.
D:
E Zaccheo?
R: Zaccheo è ricco e non si dà pensiero per gli altri.
Egli prova, però, la curiosità di sapere chi è
Gesù e per ragioni, ovviamente diverse dal cieco, si porta sulla
strada che il Maestro deve percorrere. Gesù lo vede e, andando
contro tutte le regole d’urbanità, gli chiede d’invitarlo
a pranzo. Il Maestro ha visto l’infelicità interiore di
Zaccheo ma anche la disponibilità del “cuore” ad
accogliere la luce divina.
D:
La conversione di Zaccheo cosa c’insegna?
R: Che (1) la Salvezza che Dio ci offre, comporta sempre la risposta
umana: senza l’autentica conversione di Zaccheo, sia il dono di
Dio che il pranzo offerto a Gesù e la presenza in casa del Figlio
di Dio, sarebbero stati inutili; (2) Zaccheo non agì da solo,
l’invito era suo ma anche di tutta la sua famiglia, quindi, il
gesto di giustizia e di disinteresse si ripercuote direttamente anche
sui suoi cari; (3) la Salvezza cristiana comporta alcune conseguenze
sociali ed economiche: forse, Zaccheo, dovette lasciare il suo vecchio
mestiere, perdette certamente una parte del suo denaro, ma trovò
amore e pace interiore.
PURGATORIO
IV parte
D: S. Paolo nella lettera ai Romani (cfr. 7,18-25)
fa intravedere un accento pessimistico?
R: No, egli è realista. L’uomo, infatti,
si trova in uno stato drammatico nel quale il male, il peccato, la fragilità
sembrano prendere il sopravvento. L’esistenza individuale diviene
un “campo di battaglia” dove si combatte senza sosta per
il bene e per il male. S.Paolo stesso si mostra consapevole dell’imperfezione
che abita nella sua carne e afferma, senza mezzi termini, la difficoltà
a compiere il bene che progetta di realizzare. Non tutti gli uomini
riescono, allo stesso modo, a debellare il male che gli è accovacciato
accanto; Chi più e chi meno, ogni creatura si troverà
al cospetto di Dio, con una parziale purezza. Come potrebbe l’essere
umano entrare nella piena comunione con Dio, se non ci fosse uno Stato
di Vita transitorio, dove è possibile ritrovare la purezza originaria?
Per noi Cattolici questo Stato di Vita è il Purgatorio.
D:
In Lc 12,54-59, attraverso una lettura allegorica, possiamo leggervi
un insegnamento sul Purgatorio?
R: Si, infatti, Gesù dice: “… Lungo la strada procura
di accordarti… (A dire, lungo il cammino terreno procura di accordarti
con lo Spirito Santo che ti parla attraverso le Scritture Sacre e la
Chiesa, non di meno ti parla attraverso la tua coscienza, affinché
tu segua il disegno di Dio) perché non ti trascini davanti al
giudice… (nel momento del Trapasso, la coscienza individuale ci
spingerà davanti al Giudice Divino e ci sentiremo indegni di
sostare alla sua presenza, scoprendoci impuri) … ti getti in prigione…
non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo
spicciolo” (il Purgatorio è come una prigione, esso ci
tiene lontani dal Sommo Bene per un periodo determinato, finché
non avremmo scontato fino all’ultimo peccato. La sofferenza è
data dal desiderio lacerante, che non può essere da subito soddisfatto,
di unirci a Dio. Dalla prigione (Purgatorio) si uscirà, ma solo
puri: senza peccato alcuno.
D:
Perché, per noi cattolici, è importante sapere che non
fu intenzione degli evangelisti e di S.Paolo mettere per iscritto tutti
i detti e i fatti di Gesù?
R: Perché, noi cattolici, fondiamo la nostra teologia non solo
sulla Sacra Scrittura ma anche sulla Sacra Tradizione. Gv 21,25 (cfr.
Gv 20,30-31) e 2Ts 2,15; 1Tm 6,20 ci fanno sapere che non tutto è
stato scritto, ma che parte del messaggio di Gesù è stato
tramandato a viva voce dagli apostoli e dai discepoli. Per noi è
importantissimo ciò, perché la dottrina sul Purgatorio
se viene fuori dai passi biblici fin’ora citati, è esplicita
nella primissima Tradizione della Chiesa riportataci nelle lettere e
nelle Opere dei Padri della Chiesa, alcuni dei quali erano discepoli
degli apostoli e degli evangelisti S.Luca e S.Marco.
D:
La dottrina sul Purgatorio, può emergere anche dal fatto che
il NT ci mostra come i discepoli avevano familiarità coll’insegnamento
di Gesù sul peccato e sul Giudizio (cfr. Mt 12,32.36; 16,27;
Lc 7, 47; 12,47-48)?
R: Si, le parole di Gesù, infatti, gli fecero approfondire il
sentimento della Santità di Dio, infiammando la loro speranza
nella sua misericordia e l’indussero a pregare per i morti (cfr.
Mt 8,12; Gv 9,4; ecc.).
D:
Si è detto che La Chiesa Cattolica, attraverso la sua intercessione
per i defunti, manifesta sin dalle origini la sua fede nel Purgatorio;
ci sono opere e pensieri al riguardo?
R: Si, e ciò è riscontrabile in vari testi patristici.
Ad esempio, nel Pastore di Erma, un testo del II secolo, vi sono chiari
ed espliciti riferimenti ad uno stato, successivo alla morte terrena,
in cui è necessario purificarsi prima dell'ingresso in Paradiso.
Nelle Catacombe: Sulle tombe dei morti sono rimaste frasi augurali,
invocazioni di preghiere, che ci mostrano quanto fosse radicata tra
i primi cristiani la conoscenza della dottrina del Purgatorio. Uno dei
più antichi e importanti documenti lapidari è “l’Epitaffio
d’Abercio”. Esso ricorda tante verità di fede del
Cristianesimo e una testimonianza dell’importanza della preghiera
in favore dei defunti (per gli studiosi, Abercio forse vescovo di Ieropoli,
era nato quando S.Giovanni e molti discepoli degli apostoli erano ancora
vivi). Testimonianze importanti su tale dottrina si trovano nelle opere
di Tertulliano (II secolo), di S.Agostino (354-430) ecc. In modo più
specifico, la dottrina del Purgatorio venne definita dal Concilio di
Lione del 1274, da quello di Firenze del 1438 e infine ribadita nel
Concilio di Trento, nel 1563. S.Gregorio Magno, nei suoi “Dialoghi”
dichiara: “…infatti colui, che è la Verità
afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo,
non gli sarà perdonata né in questo secolo, né
in quello futuro (Mt 12,31). Da questa affermazione si deduce che certe
colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo
futuro”.
D:
Ho letto su un giornale, di un sacerdote che alla fine del 1800 raccolse
tante testimonianze di fenomeni soprannaturali inerenti alle anime del
Purgatorio; di quali testimonianze si trattava?
R: Forse ti riferisci a Padre Victor Jouet. Egli era un missionario
francese di stanza a Roma; nel 1893 comprò un terreno sul Lungotevere
Prati e l’anno dopo, su progetto dell’ingegnere Giuseppe
Gualandi, diede inizio ai lavori di costruzione della Chiesa del Sacro
Cuore del Suffragio, detta dai romani “il piccolo Duomo di Milano”
perché ne sembra la miniatura. Il 15 settembre 1897, mentre il
sacerdote stava celebrando Messa in una cappellina provvisoria (l’edificazione
della chiesa, infatti, venne terminata solo nel 1917), l’altare
prese misteriosamente fuoco: spente le fiamme con l’aiuto dei
fedeli che stavano assistendo alla funzione, tutti si accorsero che
sul muro dietro l’altare era comparso un sofferente volto maschile.
Padre Jouet si convinse che si trattasse di un’anima del Purgatorio
che si era manifestata in quel modo per chiedere suffragi e da quel
momento, con l’appoggio di Papa Pio X, dedicò la sua vita
a viaggiare per l’Europa alla ricerca di testimonianze concrete,
di altre simili apparizioni. Trovò molto materiale e lo trasferì
nella sacrestia della chiesa, al numero 18 di via Lungotevere Prati
all’angolo con via Paolo Mercuri, dando vita ad un “Museo
Cristiano dell’Oltretomba”; nel 1920 gran parte delle testimonianze
venne eliminata perché giudicata decisamente fasulla: ora ne
resta una piccola parte racchiusa in una teca.Le anime del Purgatorio,
in alcuni casi, quando si materializzano a parenti o amici per implorare
preghiere atte ad alleviare le loro pene e a velocizzare la loro andata
in Paradiso, lo fanno lasciando impronte di fuoco: per questo nella
teca sono visibili stoffe, libri, tavole e oggetti di legno sui quali
spiccano manate e ditate carbonizzate.Tutte le reliquie sono accompagnate
da meticolosi scritti che ne raccontano la storia. Ad esempio c’è
quella della camicia da notte di suor Isabelle Fornari, badessa delle
Clarisse di Todi, alla quale il 1° novembre del 1731 apparve il
“defunto padre Panzini, abate olivetano di Mantova” il quale
le lasciò sulla manica della camicia ben quattro impronte infuocate
e sanguinanti. Poi c’è una berretta da notte maschile,
appartenuta a tal Luigi Le Sénéchal che porta stampate
le cinque dita infuocate della moglie, apparsagli la notte del 7 maggio
1875. C’è la federa del cuscino di suor Margherita del
Sacro Cuore dove spicca la bruciatura lasciata dal dito della consorella
Maria, manifestatasi il 5 giugno 1894 nel monastero di Santa Chiara
a Bastia Umbra, ecc.
Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Purgatorio, Padri Gesuiti, Viale
S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli.
Mistici e Misteri-vite soprannaturali, studi Mamre, Mondolibri, Milano 2006.