Approfondimento sul Vangelo della domenica

"Tante volte, nell’ascoltare la Parola di Dio, ci poniamo delle domande sul significato di alcune espressioni che per noi, nell’oggi, risultano inusuali. A volte non riusciamo a prestare la dovuta attenzione all’omelia del sacerdote, durante la Santa Messa. Capita, pure, che il sacerdote non può spiegare tutto nei pochi minuti dell’omelia, alcune pagine della Sacra Scrittura sono, infatti, ricchissime di significato.
Per questo motivo abbiamo pensato a questa “pagina” settimanale che ha lo scopo di rispondere alle domande che la Parola di Dio fa sorgere in noi."


III domenica di Quaresima/C
11 marzo 2007

Lc 13,1-9

[1] In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. [2] Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? [3] No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. [4] O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? [5] No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
[6] Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. [7] Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? [8] Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime [9] e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».




D = Perché i giudei riferiscono a Gesù l’uccisione d’alcuni Galilei, da parte di Pilato? Solo per rendere il Maestro al corrente di un fatto di cronaca?
R = No, essi cercano chiarimenti riguardo alle loro concezioni. Infatti, i profeti dell’AT avevano costantemente richiamato agli uomini la necessità della conversione, per allontanare la minaccia dei castighi di Dio, e avevano interpretato gli avvenimenti dolorosi: le guerre, i disastri, la fame, come la punizione di Dio.

D = Gesù appoggia questa concezione?
R = Non proprio, in questa situazione egli intende, innanzi tutto, richiamare alla penitenza e alla conversione e, mettere in guardia i suoi ascoltatori dal pericolo di chiudersi alla novità liberante di Dio che si sta realizzando nella sua persona.

D = Il Signore conferma, questo suo pensiero con la parabola del fico?
R = Con la parabola del fico, il Maestro va ben oltre, rilevando non l’ira di Dio ma la sua bontà. Questa anziché illudere l’uomo, lo deve, anzi, spronare maggiormente a donarsi al progetto divino poiché, la religione del vero Dio non è fondata sulla paura ma sull’amore.

D = Ma Gesù, in parte, concorda con la concezione ebraica?
R = Dal contesto si evince che Gesù non vede nelle morti violente una punizione divina del peccato. Se mette in guardia i suoi contemporanei, è perché scopre in loro un’incoscienza recondita: essi rischiano di diventare “impermeabili” all’urgenza della conversione in vista del Regno.

D = Il discorso tra Gesù e i suoi interlocutori, verte sul peccato; com’è inteso il peccato nell’AT?
R = L’ebraico ha, innanzi tutto, molti termini per indicare la realtà del peccato: la falsa direzione opp. La mancanza di una giusta destinazione; la ribellione; il piegarsi, il curvarsi verso la colpa; l’errare derivante dalla fragilità umana (per la sinteticità di questo lavoro non ho riportato i termini dall’originale ebraico ma, solo la traduzione in italiano). Nell’AT, il peccato non è un concetto astratto, ma un modo di comportarsi che si manifesta nella vita degli uomini. Per quanto i modi di presentarsi del peccato possono essere anche diversi: mancanza del fine stabilito da Dio, ribellione contro Dio, colpevole disobbedienza, errore umano, in sostanza significa sempre “contro te solo ho peccato”(Sal 51,6).

D = E com’è inteso nel NT?
R = Se l’AT rivela in tutta la loro profondità, il pericolo del peccato e la difficoltà in cui si dibatte il peccatore; il NT presenta l’acquisita consapevolezza da parte dei discepoli, che il pericolo e la difficoltà, sono stati superati in Gesù Cristo. Come l’AT anche il NT possiede numerosi vocaboli per indicare il peccato: Il non raggiungere, il mancare, la colpa, la natura peccatrice dell’umanità, la potenza personificata del peccato, l’azione peccaminosa, la disobbedienza, l’anarchia (per la sinteticità di questo lavoro non ho riportato i termini dall’originale greco ma, solo la traduzione in italiano). In Gesù e nel suo annuncio gli uomini diventano consapevoli del loro essere peccatori (Lc 5,8). Gesù infatti, proclama il Regno di Dio, il Regno della luce e della purezza nonché dell’amore (Mc 1,15), ma vi è, però, qualcosa di più della sola rivelazione della peccaminosità: in Gesù Dio stende la sua mano, che riconduce a sé il peccatore (Lc 5,10; 7,37ss.). Gesù vince il peccato, perdonandolo per incarico di Dio (Mt 9,2). Egli è autorizzato a farlo perché porta su di sé il peccato del mondo (Gv 1,29.36; 1Gv 1,7; 2,2).

D = Gesù dice: “vi dico… se non vi convertite”; cosa intende dire, il Maestro, quando parla di conversione?
R = Gesù, parla tenendo conto della “Legge” e dei “Profeti” dell’Antica Alleanza ma sviluppando una nuova concezione, frutto della pienezza della Rivelazione che si attua in lui. La conversione, quindi, è il ritorno a Dio, un continuo rinnovamento dello Spirito.
La prima fondamentale enunciazione sul regno di Dio è: “Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino” (Mc 1,15). In special modo, la conversione è, l’allontanamento dall’idolatria, che è lo stato più lontano e più contrario a Dio e fonte d’altri peccati (Rm 1,18-32; At 26,18; 1Ts 1,9). Il soggetto della conversione è la persona, giacché solo la persona è capace di libera determinazione al bene, essa ha un “cuore” in cui convertirsi e uno spirito in cui rinnovarsi (Rm 12,2). La conversione dei peccatori deve realizzarsi in un totale e sincero cambiamento di mente e di cuore.

D = Com’è definita la “conversione” nell’insieme del NT?
R = E’ definita: risurrezione spirituale, rinascita, rigenerazione, uscita dalle tenebre alla luce, dal potere di Satana a Dio, dallo stato d’ira allo stato di Grazia (At 26,18; Ef 2,3-6; Gv 3,5).

D = Ma come ci si converte, stando al messaggio del NT?
R = Ci si converte, credendo al Vangelo, accogliendo Gesù Cristo in quanto egli è figlio dell’uomo (cfr. Dn 7,13) e servo di Jahvé (cfr. Is 53) e, giacché tale, nostro Modello morale e Via della conversione.

D = Ma Pilato aveva davvero mescolato il sangue di alcuni giudei con i loro stessi sacrifici?
R = La notizia di questo fatto sanguinoso non ci è segnalata da nessuno storico, ma unicamente da S. Luca; senza dubbio si sarà trattato di una crudele repressione seguita a qualche dimostrazione ostile ai romani. Verificatasi, questa, in occasione della Pasqua, quando, cioè, affluivano a Gerusalemme, pellegrini da ogni parte della Palestina e della diaspora. Sappiamo però da altre fonti storiche, come ad esempio: Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio, che Pilato era un magistrato dalla mano dura e non rifuggiva da simili misure sanguinarie e repressive e che i galilei era gente particolarmente accesa e tumultuosa.

D = Gli evangelisti Marco e Matteo, riportano la parabola del fico sterile?
R = No, essi riportano l’episodio del fico maledetto. Quest’episodio simboleggia il Dio giudice, che non può far altro che punire il popolo eletto onde farlo ritornare in sé, S. Luca preferisce la parabola del fico sterile dove egli, meglio può evidenziare, la misericordia e l’indulgenza del giudice divino.

D = La misericordia di Dio caratterizza la visione teologica che S. Luca ha della missione di Gesù?
R = Si, infatti, per l’evangelista Luca, la missione del Figlio di Dio rappresenta il punto più estremo dell’abbassamento divino verso l’umanità: Jahvé si china sull’umanità piagata dal peccato perché ama infinitamente le sue creature.

D = Cosa rappresenta la pianta di fico per S. Luca?
R = Rappresenta il popolo eletto (cfr. Os 9,10; Ger 8,13; ecc.) che non ha prodotto i frutti attesi dopo tanti favori accordatigli da Jahvé. Ora Gesù stesso rivolge ad Israele amorevoli richiami e lo cura con particolare attenzione perché riconosca in lui il Messia destinato a realizzare tutte le promesse dell’AT; il popolo eletto, tuttavia, sappia che questo trattamento di benevolenza è l’ultimo accorato appello che gli rivolge la misericordia divina.




Per maggiore approfondimento rimando alla lettura di:
P.Nicola Tornese s.j., “E voi chi dite che io sia”, Napoli, 1990.
Dizionario teologico enciclopedico, ed. Piemme, Casale Monferrato (Al), 2004.
I Classici Blu, I Quattro Vangeli, ed. BUR, Milano, 2005.


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