Formazione
etico-religiosa e problematiche sociali
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D:
La fede nella Risurrezione del Signore, non potrebbe essere, un’invenzione
liturgica?
R: Secondo i più recenti studi di esegesi, alcune delle frasi, inerenti alla Risurrezione del Cristo, che il NT ci conserva, si erano trasformate in breve tempo in formule liturgiche che i seguaci del Risorto ripetevano a modo di preghiera, vicino ai luoghi dove si era compiuta la vicenda storica di Gesù. Ora, se i primi cristiani proclamavano davanti al sepolcro: «Non è qui…», e avessero avuto un sepolcro pieno (cioè con i resti mortali di Gesù), i primissimi convertiti non sarebbero più corsi lì e non avrebbero più creduto. D: Le lettere di S.Paolo, sono importanti riguardo alla Resurrezione? R: Certamente, nell’epistolario paolino, la Passione e la Risurrezione del Signore, si presentano con un POSTO CENTRALE. D: Cosa ci dice l’apostolo, sull’argomento in esame, nella 1Cor 15 e in quante parti si divide il capitolo? R: Il capitolo si divide in 3 parti: 1) il FATTO della Resurrezione; 2) il MODO della Resurrezione; 3) un INNO TRIONFALE. Qui, però, si parla della RESURREZIONE DEI CREDENTI, più che di quella di Cristo ma è chiaro che il discorso cade anche sulla Resurrezione del Maestro. Il v. 14 è centrale: «…Ma se cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede»; S.Paolo, qui, non intende dimostrare che Cristo è risorto, lo dà per SCONTATO, al punto tale che argomenta in base a tale Resurrezione. Usa, per l’appunto, come fatto probante, per dimostrare la continuazione della vita di chi lascia questo mondo, che Cristo sia risorto. D: Quindi, nella Chiesa locale di Corinto, alcuni non credevano, alla verità di fede, della Risurrezione dei credenti? R: Si, solo certuni, infatti, leggiamo in 1Cor 15,12 (che è il punto centrale della pericope): «Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti?». Ciò ci dice, che in una comunità originaria (quale quella di Corinto) non si negava in alcun modo che Cristo fosse risorto; fino al 65 d. C. ca., nessuno, di fatto, dubitava di questo dato al punto tale che S. Paolo l’aveva usato come argomento anche contro i negatori della resurrezione dei credenti, riportando un fatto importante: la presenza, nelle giovanissime comunità, di un numero elevato di testimoni del Cristo risorto e asceso al Padre. D: Quali sono gli elementi fondamentali della testimonianza evangelica sulla Resurrezione? R: 1) Il sepolcro vuoto; 2) le angelofanie (=manifestazioni degli angeli); 3) le apparizioni del Risorto. D: Dove è contenuta la tradizione fondamentale circa il sepolcro vuoto? Dio, chi ha scelto, come primi testimoni del fatto prodigioso? R: La tradizione fondamentale, circa il sepolcro vuoto, è contenuta in Lc 24,22 ss: «…Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi, al mattino, al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto». La testimonianza addotta, è quella di donne. All’epoca la donna non godeva di considerazione nel ruolo di testimone, basti pensare che anche a livello giuridico, presso i giudei, non aveva valore di testimonianza in un processo. D: Perché è importante la presenza e la parola degli angeli al sepolcro? R: Perché essi hanno il compito di interpretare in maniera autorevole, dall’Alto, dal Mondo Divino e in modo inequivocabile, l’assenza del cadavere di Gesù dal sepolcro. Il sepolcro vuoto è un segno che invia oltre, ma un segno può restare ambiguo senza una parola che lo spieghi. Davanti ad un sepolcro vuoto si possono pensare tante cose: 1) Gesù era svenuto, poi svegliatosi se n’è uscito; 2) hanno rubato il corpo; 3) non è il sepolcro di Gesù! La parola che l’accompagna, invece, interpreta quel vuoto in maniera autorevole perché gli angeli vengono dal mondo divino: «Non è qui perché è risorto». Alla base, c’è qualcosa di molto storico perché, tutti gli evangelisti, parlano degli angeli. Se il modo dell’avvenuta esperienza soprannaturale, vissuta dalle donne, è più difficile a determinarsi, nessuno dubita che al sepolcro, per esse, ci sia stata un’angelofania. D: Dove troviamo i racconti delle apparizioni del Risorto e a chi si rivolgono? R: Le apparizioni di Gesù sono narrate nei Vangeli, in Paolo e negli Atti sono quantomeno citate. Le narrazioni di apparizioni sono molte e sono rivolte: a privati come i discepoli di Emmaus, alla Maddalena, a Pietro oppure a tutto il gruppo degli apostoli. In S. Paolo (1Cor 15) si narra di un’apparizione a più di 500 persone. D: In queste apparizioni vi è unità di tempo e di luogo? R: No, alcune avvengono, la domenica della risurrezione, Lc 24, Gv 20, 19-23, altre avvengono in differenti momenti e giorni diversi non chiariti: Mt 28, Gv 20,26-29, Gv 21, At 1,3. D: Vengono chiariti i luoghi delle apparizioni? R: Si, almeno per quelli che il NT ci ha conservato i nomi: la Galilea: di cui parla Mt e presupposta da Mc 16,7; Gerusalemme: presso il sepolcro, Gv 20,11-18; nel cenacolo, Gv 20,19-29; altrove, mentre Gesù sta pescando, lungo la riva del mare di Tiberiade, Gv 21,1-23. Di certo si tratta di apparizioni in giorni e luoghi differenti, cioè come e dove vuole il Risorto! D: Vi sono delle costanti nelle apparizioni? R: Si, 1) l’autopresentazione di Gesù per vincere dubbi e timori dei destinatari con espressioni del tipo “Non temete sono io”; 2) gli incarichi che Gesù affida ai discepoli in modo autorevole e che sono presentati come incarichi con valore fondativo, anche per il futuro (Mt 28); 3) la promessa dell’assistenza dal mondo divino, attraverso la stessa presenza di Gesù e la guida dello Spirito Santo: “Io sarò con voi sempre fino alla fine dei tempi”. Queste costanti ci devono colpire perché al di là dell’incoerenza di alcuni dettagli nelle narrazioni, queste informazioni centrali sono essenziali nelle narrazioni delle apparizioni. Non è tanto la verità delle scene che ci deve stupire, perché le apparizioni post-pasquali furono uniche sotto molti punti di vista, quindi è anche comprensibile che possano esserci stati modi diversi di recepire queste esperienze straordinarie, ma quello che deve colpirci è la costanza di questi elementi che concordano nelle varie narrazioni evangeliche. D: Il fatto in sé, della Risurrezione è narrato? R: No, troviamo un accenno, solo nell’apocrifo del vangelo di S. Pietro, scritto nel 125 d.C. forse, per soddisfare la devozione popolare che s’interrogava sul “come” dell’evento. Se non vi è alcuna narrazione del fatto, vuol dire che non esiste una testimonianza oculare ma, solo la testimonianza oculare dell’“effetto” di questo fatto che è il Cristo risorto. Evidentemente Gesù non ha raccontato loro com’è andata e gli apostoli hanno, dunque, narrato solo l’effetto del Cristo risorto. D: Il fatto che non è narrato, il come sia avvenuta la Resurrezione, a livello teologico, ha qualche significato? R: Si: 1) la Resurrezione in quanto tale supera le dimensioni e le possibilità dell’esperienza umana; 2) è un mistero, cioè un evento soprannaturale che irrompe nel naturale; 3) è infinitamente superiore alle pure capacità mentali dell’essere umano; 4) provoca un’incredibile sorpresa nei discepoli, dovuta alla impreparazione di questi di fronte ad una novità assoluta. Nulla è sufficiente a formulare una categoria per descrivere l’accaduto: fantasma o altro! Le categorie esistenti prima della Resurrezione di Gesù non sono più sufficienti. Gesù non è né un fantasma, né un morto miracolosamente rivivificato. La Resurrezione è presentata come la conclusione di un processo vitale che passando per la morte si riattiva in una modalità più ampia e nuova. Non è la rivivificazione di un morto che ritorna alla stessa vita. Gli apostoli hanno presentato qualcosa di diverso. Gesù non è tornato alla vita terrena di prima; ma in una nuova esistenza, secondo un processo che è andato avanti non indietro: dalla morte è andato in una vita diversa. Questo processo mostra che si tratta sempre di una vita umana, ma diversa; si tratta dello stesso corpo, ma trasformato; della relazione con le stesse persone, ma in maniera nuova; 5) la Risurrezione ha in sé continuità e novità al tempo stesso. I vangeli danno anche alcuni particolari come le prerogative, del corpo risorto di Gesù, che superano quelle normali del corpo umano: - Gesù risorto entra in contatto col mondo terreno: si fa toccare, mangia con loro, entra in relazione col mondo creato, ma non vi appartiene più. - Entra nel Cenacolo a porte chiuse. Appare e scompare a suo piacimento. - È vero che in maniera episodica già nella vita terrena Gesù aveva superato i confini del corpo materiale, per esempio quando aveva camminato sulle acque, o quando si era trasfigurato sul Tabor - ma i Vangeli li presentano come episodi rari e occasionali. - Ora i miracoli sono un modo naturale di agire del corpo glorioso. Gesù ci ha donato un esempio di come sarà, il nostro corpo alla fine dei tempi (materia, pensiero, spostamento nell’universo). D: Gli evangelisti ci hanno trasmesso ciò, anche col riferirci della difficoltà dei primi testimoni, a riconoscere Gesù? R: Si, essi, senza comprendere appieno, ci hanno tramandato che il corpo di Gesù era lo stesso ma era, anche, trasformato, non lo si riconosceva se non dopo che egli stesso aveva dato un indizio: è giardiniere, [pescatore] sulla riva del mare di Tiberiade. Gesù era la stessa persona, ma il corpo era, ormai, di spirito e di gloria.
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