Approfondimento sul Vangelo della domenica

"Tante volte, nell’ascoltare la Parola di Dio, ci poniamo delle domande sul significato di alcune espressioni che per noi, nell’oggi, risultano inusuali. A volte non riusciamo a prestare la dovuta attenzione all’omelia del sacerdote, durante la Santa Messa. Capita, pure, che il sacerdote non può spiegare tutto nei pochi minuti dell’omelia, alcune pagine della Sacra Scrittura sono, infatti, ricchissime di significato.
Per questo motivo abbiamo pensato a questa “pagina” settimanale che ha lo scopo di rispondere alle domande che la Parola di Dio fa sorgere in noi."


III domenica di Avvento / C - "E noi che dobbiamo fare?"
17 dicembre 2006

Lc 3,10-18

[10]Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». [11]Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». [12]Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». [13]Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». [14]Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe». [15]Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, [16]Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. [17]Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
[18]Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.



D:
Perché le folle domandano a Giovanni: “Che dobbiamo fare?”
R: Perché sono attratte dalla parola “ardente” del Battista, una parola che mostra tutta la sua efficacia, poiché spinge a guardare a Dio e a dubitare della correttezza del proprio agire. Giovanni provoca una fondamentale apertura spirituale in buona parte dei suoi ascoltatori. Le immagini e le espressioni così forti ed incisive del battista (in Lc 3,7-9 [7] Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all'ira imminente? [8 ] Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre. [9] Anzi, la scure è gia posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco» ) certamente non potevano lasciare indifferenti coloro che accorrevano a lui.

D: Come mai Giovanni non chiede alle folle di seguirlo sulla via dell’austerità, che lui stesso percorre? Come mai non esige una penitenza in sacco e cenere, non propone la fuga dal mondo o dure pratiche ascetiche?
R: Giovanni chiede a coloro che l’ascoltano, solo opere di giustizia e d’amore, poiché sono questi i frutti degni che mostrano il ravvedimento. Per il Battista, il modo di riformare la propria vita consiste nello spogliarsi dell’egoismo e nell’amare fattivamente il prossimo. Non occorre, quindi, cambiare lo stato di vita in cui uno si trova, ma bisogna lasciarsi guidare da un amore operante per i bisognosi.

D: La predicazione di Giovanni, trova qualche modello nell’AT?
R: Certo, la sua predicazione si ritrova già, nelle forme più pure ed elevate della predicazione profetica, come, ad esempio, vediamo in Is 58,6-7: “…E’ forse come questo il digiuno che bramo…usare sacco e cenere per letto…? Non è piuttosto questo…che voglio: sciogliere le catene inique…rimandare liberi gli oppressi…? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo…”

D: Chi erano i pubblicani?
R: Erano gli esattori delle imposte; essi, a motivo della loro professione, avevano frequenti contatti con i pagani. Questo li poneva nella situazione di commettere continue infrazioni della purità legale; per questo i farisei, gelosi custodi delle prescrizioni della legge, nutrivano verso di essi un vivo e profondo disprezzo considerandoli peccatori.

D: I pubblicani, erano ben coscienti, della cattiva considerazione che sadducei e farisei avevano di loro. Sapevano che il loro mestiere li poneva quasi in una condizione di “scomunicati”, come mai vanno a fare domande a Giovanni?
R: Forse perché temevano che a causa del loro mestiere venissero esclusi anche dall’appello alla penitenza che il Battista proclamava alle folle. Nella loro domanda c’è sincerità, segno della forza che si propagava dalla predicazione di Giovanni e che raggiungeva i cuori di tutti, senza differenze. L’unica differenza poteva venire dall’interlocutore nel momento che rifiutava o accettava l’invito alla conversione.

D: Come si comporta Giovanni verso i pubblicani?
R: Il Precursore li accoglie benevolmente, come in seguito farà anche Gesù (cfr. Mc 2,15-17); egli non impone loro di lasciare il proprio ufficio, ma di compierlo coscienziosamente. In quei tempi la riscossione delle Gabelle non era determinata fino ai particolari, come nel moderno ordinamento fiscale. In tale settore, quindi, era facile per gli agenti lasciarsi prendere dall’amore del lucro, cedendo a compromessi o mostrandosi eccessivi nell’esazione delle imposte.

D: Chi sono questi soldati che si avvicinano al Battista?
R: Dal contesto si evince che non erano soldati romani, né degli ausiliari ebrei al soldo di Roma, ma dei mercenari al servizio di Erode Antipa che regnava sulla Galilea e la Perea. Essi dovevano affiancare i pubblicani e i gabellieri; a volte approfittavano della loro posizione e del loro mandato sia estorcendo del denaro, sia anche ricorrendo a false denunzie.

D: Come mai parte del popolo vede in Giovanni il messia atteso?
R: S. Luca ci fa intravedere che il popolo ebraico viveva in una fervida attesa messianica; bastava, infatti, l’apparizione di un personaggio che, come il Battista, s’imponeva per l’austerità della vita, per la predicazione e per l’annuncio di un rinnovamento spirituale, per ravvivare nel popolo le speranze dell’avvento di una nuova Era.

D: Giovanni sembra escludere, l’elemento dell’acqua, dal battesimo che Cristo istituirà e comanderà di amministrare nel nome della SS.Trinità; come mai i cristiani hanno usato l’acqua per il sacramento del battesimo?
R: Perché Giovanni non voleva, in realtà, escludere, a livello pratico, l’elemento dell’acqua dal battesimo che avrebbe inaugurato il Cristo, ma solo, sottolineare la distanza e la grande diversità di valore spirituale dei due battesimi. Il battesimo con l’acqua conferito da Giovanni, prepara quello più perfetto del Messia, che sarà compiuto nello Spirito Santo e nel fuoco. L’immagine dell’acqua indica una purificazione solo esteriore, mentre l’immagine del fuoco, desunta dalla lavorazione dei metalli preziosi che diventano tali grazie alla forza della fiamma che né distrugge tutte le impurità, designa un’efficacia più penetrante ed intima. L’accenno, poi allo Spirito Santo, richiama i testi profetici dell’AT nei quali è detto che lo Spirito di Jahweh riempirà il Messia (cfr. Is 11,2) e sarà largamente effuso nei tempi messianici (cfr. Gl 3,1-5).

D: S.Luca omette l’espressione: “Viene dopo di me, chi è più forte di me” che troviamo in Mc e Mt; per quale motivo?
R: S. Luca scrive: “Viene chi è più forte…” perché egli non intende mettere in evidenza la successione Giovanni-Gesù bensì sottolineare la trascendenza del Messia sul Precursore. Il Battista, infatti, appartiene ancora all’antica economia ed ha il compito di annunziare l’inviato di Dio per eccellenza: Gesù. Il Maestro, invece, inaugura la nuova economia e predica la Buona Novella.

D: Cosa vuol dire: antica e nuova economia?
R: Il termine “economia” che etimologicamente significa “amministrazione”, soprattutto domestica, o “governo” indica nel NT il piano o l’ordinamento della Salvezza, la disposizione salvifica. In questo senso è usato da Ef 1,10 = l’economia è il piano di Salvezza che Dio ha prestabilito secondo il suo beneplacito “per il governo della pienezza dei tempi (cfr. Ef.3,9).

D: Cosa vuole indicare, Giovanni, con le immagini del ventilabro, del mondare, del fuoco inestinguibile?
R: Vuole presentarci il Messia nella sua funzione di giudice. Il frumento che una volta mondato verrà riposto nel granaio designa i giusti che alla fine dei tempi, dopo il cammino terreno, riposeranno in Dio. La pula è, invece, immagine di coloro che hanno rigettato il Regno messianico e che soffriranno questo rifiuto eternamente. Il fuoco indica, ora, uno strumento di castigo e di tormento perenne e non più un mezzo di purificazione.

D: A noi, oggi, cosa dice la domanda: “Che cosa dobbiamo fare?” che gli interlocutori di Giovanni, si pongono e presentano al Battista?
R: Innanzitutto, che questa domanda dobbiamo farla nostra. Essa è il punto di partenza d’ogni conversione: bisogna rinunciare alla propria sufficienza, riconoscere la necessità di essere folgorati da una parola che ci farà uscire da noi stessi. Ogni cristiano, giorno dopo giorno, deve porre questa domanda a Cristo Gesù e, in un atteggiamento di disponibilità e di sequela, accogliere la risposta. Tale risposta può venirci dagli insegnamenti del Papa; dalla guida del Direttore Spirituale o del Confessore; dall’esempio di un frate o di una suora; da laici che concretamente vivono, nella società, lo spirito del Vangelo; dal nostro rapporto interiore con Dio; da eventi e situazioni. Ciascuno, poi, cercherà il modo migliore per compiere, i suoi doveri di giustizia sociale, di aiuto reciproco e di carità.

D: Cosa vuol dire “conversione” nella Bibbia?
R: La conversione è propriamente il ritorno a Dio, un continuo rinnovamento dello spirito. In special modo è l’allontanamento dall’idolatria, che è lo stato di vita più contrario e più lontano da Dio e fonte di altri peccati (Rm 1,18-32; At 26,18; 1Ts 1,9). Il soggetto della conversione è la persona, giacché solo la persona è capace di libera determinazione al bene. Solo la persona ha un “cuore” in cui convertirsi e uno “spirito” in cui rinnovarsi (Rm 12,2). La conversione dei peccatori deve considerarsi come un totale e sincero cambiamento di mente e di cuore. Nel NT è chiamata risurrezione spirituale, rinascita, rigenerazione, uscita dalle tenebre alla luce, dal potere di Satana a Dio, dalla condizione d’ira allo stato di grazia (At 26,18; Ef 2,3-6; Gv 3,5). Infine, il contenuto della conversione è anch’esso una persona: Cristo; ci si converte accogliendo il Vangelo con i suoi insegnamenti, disponendosi all’avvento del Regno e credendo in Gesù Cristo Unigenito Figlio di Dio.

D: E’ importante la precisione: “Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella” con cui S.Luca conclude questa pericope?
R: Si, perché in questo modo Luca ci fa capire che il messaggio di Giovanni Battista va al di là di quello che è stato trasmesso attraverso la scrittura. L’esito dell’evangelista è rafforzato dalle parole della conclusione del Vangelo di Giovanni che esplicita la stessa cosa anche per l’opera di Gesù “Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere” (Gv 21,24-25). Quanto detto ci permette di dedurre che alla base dei Vangeli vi fosse un’ampia tradizione orale dalla quale hanno attinto gli autori sacri. Tale tradizione orale non si è persa ma sopravvive nella Sacra Tradizione della Chiesa Cattolica. Il Credo Cristiano Cattolico si fonda su due pilastri: La Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione, questo ci distingue da tante Chiese cristiane non più, in piena comunione con la Chiesa Cattolica, esse hanno conservato la “Sola Scrittura”.


Per ulteriori approfondimenti consigliamo la lettura di:
I classici blu –I QUATTRO VANGELI- Ed. BUR, 2005, Milano.
Nuovo Grande Commentario Biblico della Queriniana, Brescia, 2002.
Nuovo Dizionario Enciclopedico illustrato della Bibbia, ed Piemme, Casale Monferrato (Al), 2005.
NT interlineare, a cura di Piergiorgio Beretta, ed. S.Paolo

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