IV domenica di Avvento / C
"A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?"
24 dicembre 2006
Lc 1,39-48a
[39]In
quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in
fretta una città di Giuda. [40]Entrata nella casa di Zaccaria,
salutò Elisabetta. [41]Appena Elisabetta ebbe udito il saluto
di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena
di Spirito Santo [42]ed esclamò a gran voce: «Benedetta
tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! [43]A che debbo
che la madre del mio Signore venga a me? [44]Ecco, appena la voce del
tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di
gioia nel mio grembo. [45]E beata colei che ha creduto nell'adempimento
delle parole del Signore». [46]Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
[47]e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
[48]perché ha guardato l'umiltà della sua serva...
D: Perché Gesù non ha ispirato,
qualche potente della terra, per farsi precedere e annunciare?
R: Perché Il figlio dell’Altissimo nel diventare il «figlio
di Maria», ha voluto farsi precedere e annunciare dai poveri e
dagli umili: egli ha desiderato e desidera circondarsi di semplicità
e verità.
Betlemme, infatti, è la più piccola fra le città
di Giuda e avrà l’onore di dare i natali al Messia promesso
dai profeti, a colui che estenderà il suo regno di pace fino
«agli estremi confini della terra».
La Sacra Scrittura, quando cita la discendenza davidica del Maestro,
tende ad evidenziare di più le origini umili di Davide (Il giovane
Davide era un pastorello) e meno l’immagine di Davide nella sua
funzione di re d’Israele.
Anche i primi portatori della Speranza e della Salvezza sono presentati
dalla Bibbia come persone umili e povere. Così è Maria
nei riguardi di Elisabetta. Per la stessa umiltà e povertà
Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, riconosce in Maria la madre
del Salvatore, proclamando il mistero che si è compiuto in lei.
D: Cosa si evince dalle parole di esultanza di
Maria nel Magnificat?
R: Che Maria, ha consapevolezza di essere la vivente dimora di Dio tra
gli uomini. Ella è la portatrice della presenza divina che salva.
D: La Seconda Persona della SS.Trinità
ha assunto la natura umana da Maria. Secondo la nostra fede Gesù
Cristo è vero Dio e vero Uomo ma quando, la Chiesa è giunta
a proclamare solennemente l’unità delle due nature, nell’unica
Persona del Figlio?
R: Nel Concilio di Calcedonia (451), essa ha proclamato l’unità
di Cristo nelle due nature, sottolineando nettamente la vera umanità
di Gesù. La Chiesa dopo, questa solenne definizione, dovette
argomentare per difenderla, contro coloro che, a forza di sottolineare
la divinità, attribuivano a Cristo soltanto le «apparenze»
umane.
Contro tutte le tendenze che minimizzavano l’umanità del
Salvatore, la Chiesa ha moltiplicato le affermazioni che mettono in
rilievo la realtà veramente umana di Gesù.
Non possiamo confondere il mistero dell’Incarnazione con una semplice
apparizione di Dio, Le teofanie passeggere ci sono presentate dall’AT.
In questi eventi singolari, improvvisi e momentanei, Dio per entrare
in relazione con l’uomo assume la forma umana, ad esempio, come
quando lotta con Giacobbe. Il Signore Gesù è, invece,
entrato nella storia del mondo come l’Uomo perfetto, assumendo
questa storia e ricapitolandola in sé. Il Concilio Ecumenico
Vaticano II afferma: «Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato
con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha
amato con cuore d’uomo...» (GS 22).
D: Ma, oggi i cristiani cattolici sanno bene,
che Cristo è vero Dio e vero Uomo?
R: Può sembrare strano, ma anche oggi molti cristiani non hanno
capito a sufficienza che «il figlio di Maria» è veramente
uomo, uomo che nasce a Betlemme, che sarà bambino, avrà
fame, avrà sete, sarà soggetto a fatica, avrà compassione
e proverà gioia. Costoro oppongono in Cristo, a volte anche inconsciamente
o per ignoranza di fede, divinità e umanità, come se si
trattasse di due realtà antagoniste, come se dovessimo credere
che è uomo nonostante la sua divinità, mentre proprio
a causa della sua divinità è più pienamente uomo
e nessuno è mai stato e mai sarà “persona umana”
come lui.
D: Dalla lettura di determinati passi del NT,
emergono le caratteristiche umane di Gesù?
R: Da tanti Passi e dall’insieme dei racconti. Gesù ha
fame e sete (Mt 4,2; 21,18; Gv 4,7; 19,28), è soggetto alla fatica
(Gv 4,6), stringe amicizie, piange su Lazzaro (Gv 11,35), ha compassione
delle folle (Mt 10,36), è pieno di gioia davanti alle realizzazioni
dell’amore del Padre (Lc 10,21). Avvicina gli uomini con una semplicità
e un’autorità sconvolgenti: i peccatori, gli ammalati,
quelli che soffrono, trovano in lui la comprensione che cercano e, insieme,
l’appello energico che li converte. Si decide, giorno dopo giorno,
per la missione affidatagli dal Padre: dalla tentazione nel deserto
fino alla suprema decisione dell’Orto degli ulivi, decisione che
prende come uomo, giacché, come Seconda Persona della SS. Trinità
tale disposizione era stata già decisa dall’eternità.
D: Quando festeggiamo il Natale, noi ricordiamo
la data di nascita di Gesù?
R: Non esattamente, con il Natale noi celebriamo un grande evento biblico,
l’evento salvifico per eccellenza.
D: La data può anche non corrispondere
all’evento, nel caso di una festa liturgica che nasce nella storia
biblica?
R: Si certo, la data può non corrispondere per un diverso concetto
di “storiografia” degli antichi, rispetto a noi oggi, ma
l’evento è una realtà storica, innegabile, indimenticabile,
degna di essere celebrata con grande gioia e grande amore. Che tale
evento, ossia la nascita dell’Emmanuele (il Dio con noi), sia
avvenuto a Dicembre o a gennaio o a Marzo o a Maggio o in qualsiasi
altro mese o giorno dell’anno è di secondaria importanza.
L’essenziale è che sia realmente avvenuto. E di ciò
né è testimonianza la sussistenza, dopo più di
2000 anni, del Cristianesimo e l’innumerevole gamma di attestazioni
documentate, pervenuteci anche dal mondo greco-romano e semitico.
D: Cosa ci dice la Bibbia, riguardo alla nascita
di Gesù?
R: Che essa è stata annunciata dai profeti: “In quel giorno
un germoglio spunterà dal tronco di Jesse…” (Is 11,1-10),
“Si rallegrino il deserto e la terra arida…essi vedranno
la gloria del Signore…” (Is 35,1-10), “…in quei
giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un Germoglio
di Giustizia…” (Ger 33,14-16), “…E tu Betlemme
di Efrata, così piccola…da te uscirà colui che deve
essere il dominatore d’Israele, le sue origini sono dall’antichità…”
(Mi 5,2-5; Mt 2,6), eccetera; narrata dagli evangelisti: (Lc 2,1-7;
15,19), (Gv 1,9-14), eccetera; spiegata dagli apostoli: “Carissimo
è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti…”
(Tt 2,11-14; 3,4-7), “…In questi giorni ha parlato per mezzo
del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose…” (Eb
1,1-6; cfr. Gal 4,4), eccetera.
D: Come si è giunti alla data del 25 dicembre,
per festeggiare la nascita del Redentore?
R: Una delle piste, seguita dagli antichi per conoscere la data della
nascita del Cristo, fu di natura astronomica. Secondo le idee che circolavano
nei primi secoli del Cristianesimo, si riteneva che la creazione del
mondo fosse avvenuta all’equinozio di Primavera, assegnato allora
al 25 di Marzo, non al 21. Si pensò, quindi, di poter affermare
che anche la “seconda creazione”, ossia la concezione di
Cristo nel seno di Maria doveva essere avvenuta il 25 di Marzo. Ne derivava
che la nascita del Salvatore andava assegnata al 25 dicembre, nove mesi
dopo la sua concezione.
D: Vi erano altre ipotesi che facevano gli antichi?
R: Si, un’altra considerazione, pure, di natura astronomica confermava
quanto detto. E’ noto, infatti, che verso il 25 Dicembre (Oggi
il 21) il sole riprende la sua ascesa dopo il solstizio invernale. Questo
sembrò un segno evidente del sorgere del sole di giustizia che
è il Cristo Signore.
D: A queste ipotesi, vi si aggiungevano fondamenti
biblici?
R: Si, gli antichi vedevano attuata nella nascita di Gesù, la
profezia di Malachia che paragona il Messia al sole che sorge (Ml 3,20).
Inoltre, un chiaro riferimento a Ml si trova nel Vangelo di Lc (1,78;
2,32), mentre in Gv (8,12), Gesù chiama se stesso la luce del
mondo.
D: Nei primi secoli della storia della Chiesa,
si celebrava solennemente il Natale?
R: Si, ma si celebrava in diversi giorni dell’anno, secondo il
punto di vista delle diverse chiese locali. Verso la metà del
4° secolo D.C., si cominciò a far convergere la festa del
Natale al 25 Dicembre. Il nuovo orientamento, sembra, che ebbe a Roma
il centro di propulsione, giacché la Chiesa di Roma era ormai
considerata la sede principale del Cristianesimo. Essendo il centro
dell’unità e della conformità liturgica e teologica,
spinse a far prevalere questa data su altre, lentamente, in tutto l’Occidente
e l’Oriente.
D: Vi sono altre ipotesi, riguardo, all’origine
della data del 25 Dicembre?
R: Si, una tra le più accreditate è la supposizione che
la data del 25 Dicembre nasca da un collegamento con il calendario civile
romano. Nella Roma pagana, infatti, il 25 Dicembre era dedicato alla
festa del "dio sole", come anche altrove nell’antico
mondo pagano. Quando, con l’Imperatore Costantino, i cristiani
ebbero maggiore libertà d’azione, è probabile che
abbiano sollecitato a sostituire il culto e la festa del dio sole con
la celebrazione della nascita di Cristo, vero sole e vera luce del mondo,
cosicché retrocedevano le tenebre e avanzava la luce che illuminava
la via della pace (cfr. Lc 1,79).
D: Qual è la finalità di S. Luca
nel racconto della visitazione?
R: Non è tanto quello di sottolineare, la carità e l’interessamento
di carattere sociale di Maria, nel visitare la sua anziana parente incinta.
Se l’evangelista voleva presentarci Maria come modello di carità,
non avrebbe scritto il versetto 56, che ci presenta Maria che parte,
proprio, nel momento del maggior bisogno. L’intento di Luca è,
invece, di carattere letterario e teologico. Egli mette insieme le due
future mamme (1,25 e 1,36), così che ambedue possano lodare Dio
che interviene nella loro vita e il bambino di Elisabetta possa essere
presentato come il <<precursore>> del bambino di Maria.
D: Questa pericope richiama episodi dell’AT?
R: Si, Il verbo “sussultare” al v.41 richiama i sussulti
di Esaù e Giacobbe nel seno di Rebecca (Gn 25,22) che preannunciano
i loro futuri rapporti. Il contesto ci dice, chiaramente, che Giovanni
riconosce il suo Signore e grazie al dono dello Spirito Santo, Elisabetta
è in grado di interpretare il sussulto di Giovanni. Con parole
che ricordano Giaele (Gdc 5,24) e Giuditta (Gdt 13,18) che liberarono
il loro popolo, Elisabetta loda Maria, il cui contributo alla liberazione
è la nascita di Colui che porta la pace.
D: Maria Vergine, col cantico del Magnificat,
s’ispira all’AT?
R: Si, precisamente al cantico di Anna (1Sam 2,1-10) e a molti altri
passi dell’AT.
Per maggiori approfondimenti:
Nicola Tornese s.j., Il Natale Festa Pagana?,
Padri Gesuiti, 3°edizione, Napoli, 1988.
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2° edizione, Brescia,
2002.
www.maranatha.it