II domenica di Pasqua/C
15 aprile 2007
Gv 20,19-31
[19]La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre
erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore
dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse:
«Pace a voi!». [20]Detto questo, mostrò loro le mani
e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. [21]Gesù
disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me,
anch'io mando voi». [22]Dopo aver detto questo, alitò su
di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; [23]a chi rimetterete
i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non
rimessi».
[24]Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro
quando venne Gesù. [25]Gli dissero allora gli altri discepoli:
«Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se
non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel
posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
[26]Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con
loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò
in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [27]Poi disse a
Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la
tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo
ma credente!». [28]Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
[29]Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto:
beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
[30]Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli,
ma non sono stati scritti in questo libro. [31]Questi sono stati scritti,
perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio
di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
D: “La sera di quello stesso giorno”;
di quale giorno?
R: L’apparizione ai discepoli che l’evangelista si accinge
a narrare avviene la sera del giorno di Pasqua, giorno della Risurrezione.
La “sera” poi, può indicare qualsiasi ora
della sera.
D: Perché gli apostoli avevano paura dei
giudei? Non erano ormai fuori pericolo, dato che ai sacerdoti del tempio
interessava solo Gesù, che ormai era morto?
R: Gli apostoli si trovavano raccolti in una casa amica ed avevano chiuso
accuratamente le porte, per evitare ogni sguardo indiscreto e per non
dare nell’occhio delle autorità ebraiche, le quali potevano
nutrire dei fondati sospetti, se fossero venute a conoscenza di una
riunione segreta dei discepoli di Gesù.
D: Le porte erano chiuse, Gesù però,
non ha alcun bisogno di bussare alla porta per farsi aprire?
R: Si, infatti, l’entrata di Gesù avvenuta a porte chiuse,
manifesta la nuova condizione nella quale egli si trova come Risorto.
D: Gesù non saluta gli apostoli con un
ben trovati, buona sera, ecc.?
R: No, li saluta con “pace a voi”, che è
il saluto abituale presso gli ebrei; in questa circostanza però,
tale saluto assume una solennità particolare che ispira subito
fiducia e certezza ai presenti. Il Maestro inoltre aveva parlato di
pace nel suo discorso d’addio (cfr. Gv 14,27; Gv 16,33).
D:
Perché Gesù mostra ad essi le mani e il fianco? E perché
proprio il fianco?
R: Si tratta evidentemente del fianco ferito dal colpo di lancia vibrato
dal soldato. Gesù mostra le ferite perché di sicuro, nota
dubbi nel cuore dei discepoli; dubbi che ci vengono segnalati dagli
altri evangelisti (cfr. Lc 24,37; Mc 6,49). Giovanni, inoltre, nel segnalarci
che Gesù mostra il fianco, prepara il racconto dell’apparizione
a Tommaso. L’evangelista, poi, annette una particolare importanza
alla ferita del costato.
D: Qual è questa particolare importanza?
R: L’evangelista Giovanni ci riporta che dal fianco del Maestro,
penetrato dalla lancia, scaturì acqua e sangue: l’acqua
è simbolo dello Spirito (cfr. Gv 7,39), il sangue indica la realtà
del sacrificio dell’Agnello immolato per la salvezza del mondo
(cfr. Gv 6,51). Un altro simbolismo ravvisato da molti Padri della Chiesa
è: l’acqua e il sangue sono simbolo di elementi di purificazione
e di santificazione, cioè il Battesimo (acqua) e l’Eucaristia
(sangue); in questi due sacramenti vi è indicata la Chiesa, e
proprio da qui viene il concetto della Chiesa che nasce dal costato
di Cristo come una novella Eva.
D: Ma Giovanni ci riporta quest’episodio,
anche per ricordarci la poca fede dei discepoli?
R: Da un lato egli ci mostra la fragilità degli apostoli, la
loro poca capacità di comprendere il Mistero del Cristo che redime
l’umanità con la Croce e la Risurrezione; Mistero che essi
comprenderanno appieno solo con l’evento di Pentecoste. Da un
altro lato qui, Giovanni vuole far conoscere ai suoi lettori in che
modo il Maestro ha confermato la realtà della Resurrezione: Mostrando
ai suoi discepoli le prime Stigmate della storia.
D: L’evangelista riporta anche il particolare
della gioia degli apostoli nel vedere il Maestro?
R: Si, ma non è un semplice ricordo di un particolare, egli vuole
insegnare ai suoi lettori che l’incontro con Cristo, il vedere
Gesù dà gioia, vera felicità. Chi è lontano
da Dio non può essere veramente felice, può cercare nei
beni e nei piaceri terreni un barlume di felicità, più
né troverà e più si accorgerà che essa è
effimera, lusinghiera, passeggera, contrassegnata dalla finitudine.
La felicità vera, quella che ci viene dall’incontro con
il Signore, porta la pace nel Cuore, una pace e una serenità
che rendono forti anche di fronte alle vicissitudini della vita.
D: Qual è il messaggio che ci viene da
questa pagina evangelica?
R: Il Risorto, in assenza di Tommaso, appare ai discepoli, mostra loro
i segni della sua Passione, comunica loro la pace messianica e, in una
Pentecoste anticipata, lo Spirito che, attraverso le loro mani, porterà
a compimento l’opera di salvezza. Ma Tommaso, un uomo tutto d’un
pezzo che non ha paura di non essere edificante, s’impenna: “Se
non vedo non crederò!”. L’apostolo Tommaso è
un tipo onesto e franco. Dal Vangelo traspare a tratti il suo carattere:
non sarà facile portarlo ad accettare il rischio della fede.
Lo sentiamo molto vicino a noi, col suo bisogno di cose reali e tangibili,
con la sua diffidenza per l’ideologia staccata dal quotidiano.
Il Signore capisce tutto questo, al punto che otto giorni dopo prende
in parola Tommaso e va incontro alle sue esigenze: “Metti
la mano nel mio costato, e credi…”
D: “Come il Padre ha mandato me, anch'io
mando voi”; Gesù affida agli apostoli lo stesso mandato
che ha ricevuto lui dal Padre?
R: Si, egli fa dono agli apostoli e attraverso di loro a tutti coloro
che ne saranno successori, della potestà di essere “altro
Cristo”, cioè gli apostoli e dopo di loro i vescovi,
i sacerdoti, i diaconi nel momento che amministrano un sacramento diventano
Gesù stesso che amministra quel dato sacramento, il loro corpo
diviene lo stesso corpo di Cristo Signore e ciò, nonostante i
limiti e le fragilità umane. Gli apostoli e i loro successori
dovranno, con l’aiuto dello Spirito Santo, continuare la Missione
che il Maestro ha inaugurato col suo sangue e condurre l’umanità
verso la Parusia: la seconda venuta del Messia.
D: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi
rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno
non rimessi”; perché Gesù affida agli apostoli
e ai loro successori anche il potere di rimettere i peccati? Non poteva
riservarsi lui questa potestà, operando nel segreto del cuore
umano?
R: Perché Gesù vuole agire attraverso la disponibilità
e la rinuncia di alcuni uomini che lasciano tutto per abbracciare la
sua Missione (Papa, vescovi, sacerdoti, monaci, frati) e cerca l’atto
di umiltà da parte del penitente che di fronte ad un altro uomo,
china il capo mortificandosi dei propri peccati. La funzione del confessore
è anche quella di essere medico dell’anima, poiché
Gesù non si limitava solo a perdonare ma invitava anche, a non
ritornare nel peccato. Una persona che non riesce a liberarsi dal peccato,
con una coscienza sorda alla voce dello Spirito Santo, seppur riuscisse
a dialogare, nel proprio intimo, col Cristo Risorto, riuscirebbe senza
un intermediario, ad intendere il rimprovero e il consiglio del Medico
divino?
Per maggiore approfondimento rimando alla lettura di:
Dizionario teologico enciclopedico, ed. Piemme, Casale
Monferrato (Al), 2004.
I Classici Blu, I Quattro Vangeli, ed. BUR, Milano,
2005.
Nicola Tornese, NOI CREDIAMO-Piccolo Catechismo n.4,
Napoli