XXIV
domenica del tempo Ordinario/C
16 settembre 2007
Lc 15,1-32
[1]Si
avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
[2]I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori
e mangia con loro». [3]Allora egli disse loro questa parabola:
[4]«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le
novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché
non la ritrova? [5]Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento,
[6]va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con
me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. [7]Così,
vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito,
che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
[8]O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la
lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?
[9]E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi
con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. [10]Così,
vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore
che si converte».
[11]Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. [12]Il più
giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi
spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. [13]Dopo non molti giorni,
il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per
un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo
da dissoluto. [14]Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande
carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. [15]Allora
andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione,
che lo mandò nei campi a pascolare i porci. [16]Avrebbe voluto
saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
[17]Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in
casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! [18]Mi
leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre,
ho peccato contro il Cielo e contro di te; [19]non sono più degno
di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. [20]Partì
e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro,
gli si gettò al collo e lo baciò. [21]Il figlio gli disse:
Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più
degno di esser chiamato tuo figlio. [22]Ma il padre disse ai servi:
Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli
l'anello al dito e i calzari ai piedi. [23]Portate il vitello grasso,
ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, [24]perché questo mio
figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è
stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
[25]Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino
a casa, udì la musica e le danze; [26]chiamò un servo
e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. [27]Il servo gli
rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello
grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. [28]Egli si arrabbiò,
e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. [29]Ma
lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai
trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per
far festa con i miei amici. [30]Ma ora che questo tuo figlio che ha
divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai
ammazzato il vitello grasso. [31]Gli rispose il padre: Figlio, tu sei
sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; [32]ma
bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello
era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato
ritrovato».
Domanda: Qual è il tema che S. Luca espone
in queste tre parabole?
Risposta : Il messaggio che S. Luca vuole trasmettere riportando queste
tre parabole di Gesù, ci offre anche l’immagine del Cristo
di cui egli ha fatto esperienza. La misericordia di Dio travolge tutte
le restrizioni umane che vorrebbero fissare il modo in cui egli deve
comportarsi con i peccatori. La misericordia di Dio è davvero
folle come il pastore che abbandona le 99 pecore per salvarne una, come
la donna che mette “sotto sopra” la casa per ritrovare pochi
soldi, e come il padre giudeo che accoglie festante il Figlio dissipatore,
divenuto pagano (si “auto-scomunica” pascolando i porci).
Poiché i discepoli hanno un Dio così misericordioso, possono
fiduciosamente e con gioia intraprendere la via segnata da Gesù
verso questo Dio.
Domanda: Vi troviamo anche il tema della “Gioia”
in queste parabole?
Risposta : Si certo, anzi tale tema pervade tutto il capitolo (cfr.
Lc 15,6.7.9.10.23.24.29.32) ed ha quattro accentuazioni: 1) I motivi
= dell’Universalità dell’Annuncio, della Comunità
che nasce dall’Annuncio, della Salvezza che riceve chi accoglie
l’Annuncio, sono inestricabilmente intrecciati; 2) la conversione
è una condizione per trovare la gioia; 3) la felicità
consiste essenzialmente nella disponibilità a partecipare alla
stessa gioia che Dio prova nel dispensare la Salvezza; 4) la chiamata
a partecipare all’amore e alla gioia di Dio viene per mezzo di
Gesù Cristo.
Domanda:
In queste parabole ritorna spesso anche il termine: “Perso”;
cosa vuole insegnarci S.Luca, che fa di questa parola un ritornello?
Risposta : Che nonostante lo sguardo vigile di Dio e la sua infinita
misericordia, la creatura umana può perdersi; ciò può
avvenire per negligenza, per ardire eccessivo, per imprudenza, per lontananza
da Dio, per una visione solo mondana dell’esistenza, per chi si
considera ipocritamente più giusto degli altri, ecc.
PARADISO
II parte
Domanda: Dopo la caduta quale sarà il paradiso
atteso dagli israeliti?
Risposta : Dopo i periodi d’oro con i grandi re: Saul, Davide
e Salomone; per gli israeliti iniziano tempi difficili: divisioni all’interno
del popolo e sovrani non all’altezza condurranno il Popolo Eletto
verso la distruzione. Prima e dopo la caduta d’Israele e di Giuda,
i profeti annunciano una nuova Eden, con un nuovo paradiso (cfr. Is
51,33; Ez 36,33-35). Le caratteristiche del paradiso annunciato dai
profeti sono: La ricchezza dei beni spirituali = una grande comunione
con Dio simile a quella della prima coppia umana, una nuova Alleanza
e la Legge divina scritta nel cuore dell’uomo (cfr. Os 2,18.21;
Ger 31,31-33; Ez 37,23-27; Is 60,19-20); la comunione con i propri simili
= questa sarà apportatrice di una pace perenne che regnerà
anche tra e con gli animali (cfr. Is 2,4; 11,6-9; 32,16-17; Mi 4,3-4);
abbondanza dei beni materiali = straordinaria fertilità della
terra e le ricchezze dei popoli che affluiranno verso la Città
Santa (Am 9,13-14; Gl 4,18; Is 45,14; 60,5-11; Ag 2,6-8); ottimo stato
di salute, longevità (Is 25,7-8; 65,17-20).
Domanda: Gli israeliti interpretarono letteralmente
le profezie dei profeti?
Risposta : In parte si; la visione di un paradiso terreno fu accentuata
dalle vicissitudini degli ebrei: deportazione in Babilonia, dominazione
greca sotto Alessandro Magno e i suoi successori, dominazione romana.
La storia, però, non condusse gli ebrei verso un paradiso terreno,
al contrario verso la fine dell’identità di Nazione; prima
parzialmente per opera di Tito nel 70 d.C. poi completamente, sotto
Adriano nel 134 d.C. Col tempo gli ebrei interpretarono, diversamente
quelle profezie.
Domanda: Come le hanno interpretate?
Risposta : Come oggi, la stragrande maggioranza dei biblisti le interpreta.
Il linguaggio usato dai profeti è apocalittico, ossia un annuncio
di grandiosi eventi futuri, che si serve d’immagini, di metafore,
di simboli, di solito iperbolici, vale a dire, non corrispondenti alla
realtà oggettiva. Il linguaggio dei profeti non va, quindi, interpretato
in senso letterale, altrimenti essi avrebbero annunciato eventi diversi,
quanto alla forma e i loro messaggi, nel confronto, si sarebbero mostrati
contraddittori.
Domanda: In che senso, si sarebbero contraddetti?
Risposta : Nel senso che, per una interpretazione letterale, le parole
di Osea: “Arco e spada saranno ridotti in pezzi…”
(Os 2,20) devono essere prese così come son scritte. In questo
caso però anche le parole d’Isaia: “Le spade diventeranno
vomeri e le lance falci…” (Is 2,4) devono essere interpretate
senza il significato allegorico. Ne conseguirebbe che Dio, in previsione
dell’avvento del Paradiso, avesse palesato molte idee ma con poca
chiarezza (che fine farà fare agli archi, alle lance, alle spade?
Le distruggerà o le trasformerà in altri utensili?). Altri
esempi di tali contraddizioni verrebbero fuori, dalla lettura di altri
scritti profetici (cfr. Is 25,6; Ez 47,1-12; Zc 14,8; ecc.)
Domanda: Qual è la giusta interpretazione
di tali profezie?
Risposta : Certamente quella allegorica-spirituale, quella che Gesù
Cristo, la Sapienza di Dio (Gv 1,1-3) che ci ha aperto il senso delle
Scritture (Lc 24,45) ci ha rivelato. Dio nella sua infinita misericordia
ci ha preparato una Patria Celeste, Gloriosa, Paradisiaca. A questa
Patria ci orientano le Sacre Scritture.
Domanda: Come interpretavano, gli israeliti, il
salmo 37 al vers. 11?
Risposta : Gli antichi israeliti, non avevano l’idea di una ricompensa
ultraterrena; la speranza di un futuro paradiso su questa terra faceva
parte della loro religiosità. Quando leggevano: “I giusti
erediteranno la terra” (Sal 37,11) intendevano un paradiso terreno.
Man mano però 1) la domanda: “Perché Dio permette
che i giusti soffrano e i malvagi prosperino?”, 2) la concezione
che, dopo la morte fisica, la vita del singolo uomo non si riduce al
nulla ma, continua ad esistere come “ombra” 3) e l’influenza
della sapienza greca, condussero gli scribi e i dottori della Legge
alla confortante dottrina che la morte mette fine alle ingiustizie,
segnando per i cattivi la fine d’ogni bene mentre per i buoni
il principio d’una felicità imperitura.
Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Paradiso, Padri Gesuiti, Viale S.Ignazio, 51 –
80131 Napoli