Approfondimento sulla Sacra Scrittura

"Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, devoti di Maria SS., Pace e bene.
Da alcune settimane, le domande e risposte sul Vangelo, sono diventate domande e risposte sulla Bibbia. Il lavoro viene svolto dando uno sguardo meno minuzioso al Vangelo della domenica, onde dare spazio alla trattazione di tematiche della dottrina della Chiesa Cattolica nel loro primo fondamento: La Sacra Scrittura."

Don Salvatore Di Mauro OFS - Vicario parrocchiale


XXVIII domenica del tempo Ordinario/C
14 ottobre 2007

Lc 17,11-19

Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò La Samaria e La Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci Lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!’ Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un samaritano. Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio, al di fuori di questo straniero?” E gli disse: “Alzati e va; la tua fede ti ha salvato”.




D: Come mai un samaritano si trova insieme a degli ebrei, e perché Gesù dice ai lebbrosi di recarsi dai sacerdoti?
R: Essendo il villaggio sul confine tra Galilea e Samaria, il gruppo era formato da nove galilei e un samaritano: Pur non essendoci buoni rapporti, samaritani ed ebrei, nella sventura si sentivano uguali e si aiutavano. Essi chiedono, a voce alta, di essere risanati. Gesù li vede e presta loro una sollecita attenzione, ma non li guarisce immediatamente; li invia dai sommi sacerdoti affinché riacquistino anche l’autonomia per riprendere la vita sociale nel consorzio degli uomini (cfr. Lv 14,2). E durante il tragitto sono sanati.

D: Qual è la particolarità di questo miracolo rispetto ad altri?
R: La singolarità sta nel fatto che la reazione di Gesù è di stupore per un’unica presenza riconoscente, per questo dona al samaritano la guarigione integrale con la remissione dei peccati. Di fronte all’evento straordinario della guarigione, uno solo, il samaritano (lo straniero), sente l’esigenza e il dovere di ringraziare, “lodando Dio a gran voce”. Tutti si sono sottomessi al comando del Signore vincendo la prova della fede, ma uno solo ha superato quella della gratitudine.

D: Questo episodio della vita di Gesù, su quale virtù ci invita a riflettere?
R: Sulla virtù del ringraziamento; virtù che stiamo smarrendo sia nei riguardi di Dio che degli uomini, disconoscendo il legame della nostra vita con un Altro e con tanti altri. L’uomo contemporaneo si proclama sempre più “creatore” che “creatura” continuamente plagiato dall’invito che l’antico tentatore fece ad Adamo ed Eva: “Sarete come Dio” (cfr. Gn 3,4-5); vale a dire: “Sarete indipendenti da Dio; potrete voi decidere cos’è bene e cosa è male; diventerete gli arbitri della morale”. In quel momento l’uomo si sottrasse all’Amore, cercando soltanto in se la propria identità (cfr, Gn 3). E l’esistenza senza Dio, per i nostri progenitori e per noi, divenne ed è una tribolazione, essendosi abbassato il livello della dignità dell’uomo ed incrinati i rapporti con il Creatore, con le cose e con gli altri uomini.

D: Perché dobbiamo ringraziare Dio?
R: Per i suoi continui ed abbondanti doni: dalla vita alla nuova giornata, dalle soddisfazioni che quotidianamente ci offre alla salvezza attualizzata in Gesù Cristo, E allora nella nostra preghiera è opportuno ritrovare il giusto equilibrio tra quella di domanda e di supplica e quella di lode e di ringraziamento, spesso dimenticata. Essendosi ridotto il nostro ringraziamento a Dio, è scomparso anche quello nei confronti degli uomini. Questa mancanza rende arida la convivenza, pesante la quotidianità, povera d’amore l’esistenza, perché come ricorda un proverbio africano: “La riconoscenza è la memoria del cuore”.


PURGATORIO I parte

D: Qual è la dottrina della Chiesa sul Purgatorio?
R: Il peccato attuale o personale esige un’adeguata penitenza dopo che è stato perdonato da Dio. Qualora questa penitenza non è stata soddisfatta in modo esauriente in questa vita, Dio dà al peccatore la possibilità di soddisfarla dopo la morte. Esiste, dunque, uno stato o condizione o modo di essere dopo la morte, in cui l’uomo può e deve purificarsi, ossia soddisfare per la pena dovuta per i suoi peccati. E’ uno stato intermedio tra la morte e la Gloria o pienezza della pace paradisiaca.

D: I cristiani, ancora, pellegrini sulla terra; possono aiutare i loro fratelli che hanno lasciato questo mondo?
R: Si, lo possono fare attraverso atti di pietà (carità e preghiera) e soprattutto col sacrificio della Santa Messa. I suffragi non devono, assolutamente, essere pensati e fatti come se fossero atti di magia. Devono scaturire da una vera pietà congiunta a una genuina bontà.

D: Da dove, la Chiesa, ha attinto la dottrina sul Purgatorio?
R: Dalla Sacra Scrittura; infatti, la Parola di Dio, in tutta una serie di passi biblici dell’AT e del NT, ci conduce alla comprensione che la volontà o bontà di Dio, concede al peccatore, dopo il perdono delle colpe, la possibilità di offrire un’adeguata soddisfazione per la sua completa purificazione. Nulla d’impuro può entrare nella Celeste Gerusalemme (cfr. Ap 21,27). La stessa volontà e bontà di Dio ha disposto che anche i membri del Corpo Mistico ancora su questa terra, possono aiutare coi suffragi i loro fratelli nella purificazione dopo la morte.

D: L’AT parla del Purgatorio?
R: Non c’insegna, in modo esplicito, la dottrina sul Purgatorio così come la conosciamo noi oggi, ma ci offre dei passi biblici molto importanti, da dove si evince una teologia sull’argomento, ancora in fasce ma già presente.

D: Nei primi cinque libri della Bibbia, troviamo qualche esempio della nascente teologia sul Purgatorio?
R: Si, nella storia del gran patriarca Mosé, uomo di Dio e condottiero del Popolo eletto. Egli, in qualche circostanza della sua vita non era stato senza macchia al cospetto di Jahve (cfr. Nm 20,1-12; Sl 105,32-33), questo gli costò di dover concludere la sua missione ammirando la Terra Promessa da lontano (Dt 34,4) non potendovi entrare per la proibizione di Dio. Senza dubbio Mosé fu e rimase un grande amico di Dio (cfr. Eb 11,23-28; Sir 45,1-6), il più grande profeta dell’antichità. Solo Gesù, la Sapienza divina incarnata, sarà superiore a lui (cfr. At 3,22-24). Dio perdonò a Mosé il peccato di sfiducia (cfr. Nm 20,10). Mosé apparirà agli apostoli sul monte Tabor circonfuso di Gloria assieme ad Elia, quale testimone qualificato della divinità di Gesù (cfr. Mt 17,1-9; 1Pt 1,16-19). Tuttavia, Dio non esentò Mosé dalla legge della soddisfazione dopo il perdono del suo peccato: egli non poté entrare da trionfatore nella terra Promessa. Questo fu certamente un modo di soddisfare per la colpa commessa, senza essere escluso dalla Gloria e dalla gioia degli amici di Dio nella Patria Celeste (cfr. Eb 11,13-16).

Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Purgatorio, Padri Gesuiti, Viale S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli.

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