Approfondimento sulla Sacra Scrittura

"Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, devoti di Maria SS., Pace e bene.
Da alcune settimane, le domande e risposte sul Vangelo, sono diventate domande e risposte sulla Bibbia. Il lavoro viene svolto dando uno sguardo meno minuzioso al Vangelo della domenica, onde dare spazio alla trattazione di tematiche della dottrina della Chiesa Cattolica nel loro primo fondamento: La Sacra Scrittura."

Don Salvatore Di Mauro OFS - Vicario parrocchiale


XXIX domenica del tempo Ordinario/C
21 ottobre 2007

Lc 18,1-8

[1] Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: [2] «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. [3]In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. [4] Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, [5] poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». [6] E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. [7] E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? [8] Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».





D: Perché Gesù, per dare un insegnamento sulla preghiera, usa immagini come quella del giudice e della vedova?
R: Perché il giudice disonesto e irreligioso, era simbolo delle ingiustizie che il popolo ebraico aveva subito da parte d’altri popoli più potenti, di quelle che subivano i poveri all’interno dello stesso popolo ebraico e delle ingiustizie che avrebbero subito i primi cristiani, da parte degli israeliti e dei romani. La vedova era simbolo di tutti coloro che per povertà o malattia erano emarginati e costretti a subire ogni tipo di prepotenze.

D: A cosa si riferisce, Gesù, quando afferma: “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui”?
R: Si riferisce al Disegno di Salvezza di Dio, che l’Onnipotente porterà a termine in favore degli Ultimi, cioè dei poveri, degli emarginati, dei bisognosi d’ogni genere. Yahweh vuole, però, la partecipazione della creatura umana, creata a sua immagine e somiglianza. L’essere umano è chiamato a partecipare al Progetto di Dio, con la preghiera e con una vita impostata sulla semplicità, sull’amore, sulla giustizia e sull’accoglienza intima della Legge Divina che fa sentire la sua “logica” (proveniente dall’Essere stesso di Dio) con impulsi continui alla nostra coscienza.

D: Cosa intende, più precisamente, il Maestro con le parole: “E Dio non farà giustizia”?
R: Presa in sé, la parola che noi traduciamo “giustizia” è assai più forte e significa “vendetta”: Dio, dunque, si vendicherà di quelli che opprimono gli eletti? Certo che presa così, questa parola e questo atteggiamento potrebbero tradurre un senso di risentimento; però, messa nel contesto del Vangelo, quella che possiamo chiamare “vendetta di Dio” non è altro che il suo amore salvatore, riflesso nella Croce di Gesù. Dio si vendica di tutte le divisioni e le ingiustizie della storia, mettendo al centro della Terra un principio di Salvezza Universale, la Croce del Cristo. Con essa i malvagi vedono terminare il loro potere con la propria malattia e con la propria morte e gli “Ultimi” scoprono valorizzata la loro sofferenza e indigenza perché associata alla Croce del Messia.

D: Nella società odierna, si ripete, la scena del giudice e della vedova?
R: Purtroppo si; Il ricco, il potente, non ha bisogno di ripetere due volte le cose: trova subito chi gli dà ascolto, anche perché un ritardo o una dimenticanza potrebbero costare cari a chi ascolta. Il povero è colui che può attendere, il cui “dossier” passa sempre sotto. Il povero è chi non riesce a difendersi. Il suo dolore gli dà il coraggio di osare. La sua abitudine al sacrificio, gli dà la perseveranza di tornare per mille mattine alla stessa porta. Avvezzo ai rimbrotti, alle male parole, sa sopportarle, pur di giungere a trovar risposta alla sua urgenza.

D: L’immagine della vedova può anche essere letta come prefigurazione della condizione e oblazione di Gesù nella sua umanità?
R: Si, infatti, anche l’uomo Gesù, come la vedova, ha rimesso la sua causa al Giudice, nell’”Ora” attesa e temuta, l’ha pregato intensamente nell’orto del Getsemani, l’ha supplicato sulla croce di non abbandonarlo. Anche lui ha vissuto l’attesa, il silenzio, il deserto della pura fede di fronte all’apparente non ascolto di Dio.

D: Dio per mezzo di suo Figlio ha agito prontamente per le “vedove” (gli ultimi) del mondo; qual è l’esempio per il cristiano?
R: Per il cristiano, comprendere questa parabola alla luce dell’insegnamento di Gesù, significa essere disposto a divenire, in comunione col Cristo, colui nel quale Dio ascolta e risponde prontamente al grido delle “vedove” del mondo. Un cristiano non può che vivere al ritmo del “prontamente”, di fonte agli “Ultimi” che cercano il loro diritto. Il cristiano, in Cristo, permette a Dio Padre di dire ai suoi figli oppressi: “Eccomi, sono qui”.

D: Cosa vuol dire: “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra”?
R: Vuol dire che il problema fondamentale tra gli uomini, non è nella divisione sociale, il problema è la fede in Gesù; solo con essa si eleva la sofferenza e si trasforma la storia dal suo centro. Se nella dimensione terrena persisterà la fede, allora gli uomini seguiranno la via tracciata da Gesù e si supereranno le divisioni e gli antagonismi di classi sociali; il potere dei grandi sarà messo al servizio dei piccoli e gli uomini si apriranno sempre di più alla trascendenza.


PURGATORIO II parte

D: Vi è, nella Bibbia, qualche altro esempio simile a quello di Mosé?
R: Si, quello di Davide. Questo grande re d’Israele, favorito da Dio, si era reso colpevole di un duplice peccato, anzi delitto: si appropriò della moglie di Uria, suo fedelissimo soldato, e poi lo fece uccidere per coprire il suo crimine.

D: E che cosa avvenne dopo?
R: David si pentì del suo peccato; di questo suo pentimento ci è pervenuto un bellissimo salmo (cfr. Sal 51 /50/). Dio gli perdonò il suo peccato. Il suo crimine però gli fu causa di una pena terribile, che come fuoco bruciò l’intimo del suo essere: la morte colpì il figlioletto da lui tanto amato (cfr. 2Sam 12,1-12; 12,15-19), cioè, il bambino che la moglie di Urià gli aveva generato.

D: Dio punisce Davide attraverso la morte del figlio?
R: Non esattamente, il duplice peccato commesso da Davide aveva prodotto ferite a livello personale e a livello comunitario, che non scomparvero con il pentimento del re e il perdono di Dio. Rimasero tracce del male commesso che poterono essere cancellate solo con la soddisfazione e con l’espiazione da parte del colpevole; deduciamo, di conseguenza, che se anche è rimessa la colpa, rimane la pena da scontare e solo la soddisfazione libera completamente dal reato.

D: Ma nell’AT si evince la possibilità di aiutare i defunti nella loro purificazione, cioè, di suffragarli?
R: Si, un episodio molto importante per tale argomento c’è dato da 2Mac 12,39-46. Il racconto storico, in esame, si colloca nella guerra d’indipendenza degli ebrei contro i popoli vicini e contro la penetrazione ellenistica, sotto la guida di Giuda Maccabeo, durante la prima metà del 2° secolo a.C.
In una battaglia, Giuda sconfigge Gorgia, governatore dell’Idumea. Sul campo di battaglia, però, perde un certo numero di soldati. A battaglia finita, nel compiere il pio ufficio della sepoltura, vengono trovati oggetti sacri e divinità pagane sotto la tunica dei soldati. Una gravissima violazione della legge giudaica (Dt 7,25-26). Poiché quegli uomini, pur commettendo un peccato grave, erano morti per una giusta causa, Giuda e i suoi soldati accorsero a pregare e a far pregare per essi. Fece, inoltre, una colletta da inviare a Gerusalemme affinché si offrsse un sacrificio espiatorio per la purificazione dei caduti. L’autore sacro, che riporta l’episodio storico, loda l’operato di Giuda con l’esclamazione: “Santo e pio pensiero…affinchè fossero assolti dal peccato”.

D: Cosa ci insegna questo episodio biblico?
R: Che nel 2° secolo a.C. tra gli ebrei vi era la convinzione della possibilità di essere purificati dal peccato anche dopo la morte e così fatti degni della Risurrezione tra i giusti; inoltre, era chiaro il concetto che i vivi possono contribuire alla purificazione dei defunti con preghiere e sacrifici, onde eliminare il male che separa i trapassati dalla piena comunione con Dio.


Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Purgatorio, Padri Gesuiti, Viale S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli.

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