XXX
domenica del tempo Ordinario/C
28 ottobre 2007
Lc 18, 9-14
[9]
Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti
e disprezzavano gli altri: [10] «Due uomini salirono al tempio
a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. [11] Il fariseo, stando
in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che
non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e
neppure come questo pubblicano. [12] Digiuno due volte la settimana
e pago le decime di quanto possiedo. [13] Il pubblicano invece, fermatosi
a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva
il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. [14] Io
vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro,
perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà
esaltato».
D: Cosa ci insegna questa parabola di Gesù?
R: Abbiamo già dedotto dall’episodio della vedova e del
giudice disonesto, che è necessario perseverare nella preghiera,
tutti i giorni, così che tutta la nostra storia sia riflessa
in forma di orazione. Da questa parabola ci viene insegnato che non
basta pregare, esternamente, ma è necessario che la preghiera
penetri fino alle profondità dell’anima e sia radicalmente
sincera.
D:
Perché il fariseo sbaglia?
R: Il fariseo sale al Tempio, afferma che la preghiera è importante,
prega. La sua parola e il suo atteggiamento, però, sono vuoti:
in realtà, non ha cercato Dio, ma la propria grandezza e si contenta
della sua perfezione umana.
D:
Perché il pubblicano torna a casa giustificato?
R: Perché, egli, sale a Dio, attraverso la sua semplice preghiera
e si scopre sprofondato nella miseria: ha bisogno di uscire dal suo
peccato e chiede angosciosamente l’aiuto divino. E’ consapevole
che non può trovare un appoggio in quello che ha o che ha fatto,
può solo confidare nella misericordia di Dio. In questo momento
cessa di aver importanza il suo passato di peccatore; cessa d’essere
importante anche il coraggio e la coerenza che dovrà dimostrare
nel suo futuro: conta, agli occhi di Dio, la sua contrizione, il suo
abbandono e l’alzare le mani verso il Cielo.
D:
Che cosa è l’umiltà?
R: L’umiltà è saper vivere nella “giusta misura”;
avere consapevolezza di essere mortale onde non smarrire la propria
grandezza dell’essere “Persona”; essa è la
virtù per cui si è consapevoli della propria realtà;
umile è, chi si pone liberamente e volontariamente nella condizione
di apertura a Dio. Per un Cristiano, il fondamento primo dell’umiltà
è Gesù Cristo; egli è il maestro di tale virtù,
lo ha mostrato soprattutto con l’Incarnazione e la Passione, ma
anche con ogni atto della sua vita e nell’insegnamento. L’umiltà
è la disposizione fondamentale per la crescita spirituale, si
ottiene attraverso la fatica corporale, la considerazione dei peccati
personali e la preghiera continua. Solo con l’umiltà ci
si può accostare al Mistero Trinitario e solo con tale virtù
ci si può nutrire spiritualmente attraverso la Sacra Scrittura.
PURGATORIO
III parte
D: Nella prima lettera ai Corinzi (1Cor 5,1-5),
troviamo il caso di un incestuoso; vi è nelle parole di S. Paolo,
al riguardo, un riferimento alla dottrina del Purgatorio?
R: Si, poiché, al colpevole d’incesto
non è negata la salvezza. S.Paolo afferma esplicitamente che
il suo intervento e il giudizio di condanna hanno come scopo “che
il suo spirito possa ottenere la Salvezza nel giorno del Signore”.
Tuttavia al colpevole deve infliggersi una grave pena espiatoria, che
non comporta solo l’espulsione dalla comunità dei fedeli,
ma anche la consegna a Satana perché lo colpisca con malattie
e altre pene corporali. La punizione o sofferenza ha per fine la Salvezza
Eterna del peccatore.
D:
Che cosa vuol dire S.Paolo con le parole: “…Quanto a lui,
però, sarà salvo, ma come attraverso il fuoco”?
R: Queste parole di S.Paolo le troviamo nella prima lettera ai Corinzi
(cfr. 1Cor 3,12-16). L’Apostolo delle genti, fa, qui, delle considerazioni
sul lavoro di coloro che portano avanti la missione del Signore Gesù,
annunciando il Vangelo. Egli esprime il suo pensiero facendo uso dell’immagine
delle costruzioni e dei costruttori. Alcuni usano materiale pregiato
e resistente; altri, materiale scadente. Il materiale pregiato rappresenta
la predicazione genuina del Vangelo fondata sulla Verità del
Cristo; quello scadente indica l’opera dei predicatori facili
ad errori ed eresie. Come prova della validità o meno della predicazione,
per S.Paolo, vale il giudizio di Dio che si manifesterà nell’Ultimo
Giorno, mediante il fuoco (cfr. 2Ts 1,8; 2Pt 3,7). La costruzione (la
predicazione) buona resisterà alla prova del fuoco e l’operaio
avrà il suo compenso; la costruzione fragile sarà distrutta.
D:
Che cosa avverrà, secondo S.Paolo, dell’operaio (predicatore)
scriteriato?
R: Egli sarà Salvo, dice l’apostolo, ma come attraverso
il fuoco. La sua sorte non sarà la distruzione, come per la sua
opera, ma la Salvezza, non senza, però, qualche danno personale.
D:
Che tipo di danno?
R: Il predicatore infedele o fragile subirà una pena personale,
prima di conseguire la Salvezza. Molti teologi vedono qui, una prova
implicita dell’esistenza del Purgatorio; infatti, benché
l’apostolo non parli direttamente di esso, tuttavia suppone chiaramente
la possibilità che dopo la morte un’eventuale imperfezione
dell’opera possa essere espiata mediante qualche sofferenza o
pena.
D:
Abbiamo qualche conferma biblica a quanto detto?
R: Si, infatti, nel NT (cfr. Mt 25,46; Gv 5,28-29) vi è la considerazione
che il Giudizio Finale termina solo con la Beatitudine o condanna degli
uomini. Se S.Paolo, quindi, concede la Salvezza anche agli operai evangelici
non privi d’imperfezioni, si può dedurre che essi saranno
ammessi alla vita eterna (saranno Salvi) mediante una purificazione
dopo la morte, infatti, nella Città Santa: la Gerusalemme Celeste,
ossia nel Regno di Dio, nella sua fase definitiva “non entrerà
tutto ciò che è impuro né chi compie abominazione
o menzogna” (Ap 21,27).
D:
Abbiamo qualche conferma nel NT, riguardo alle pratiche di suffragio?
R: Si, sappiamo che un gruppo interno alla Chiesa di Corinto, praticava
un battesimo «per i morti» (cfr. 1 Cor 15,29). Probabilmente
questo rito liturgico (non sappiamo con sicurezza se si tratta, qui,
del sacramento del Battesimo) veniva praticato ai vivi “al posto”
dei morti: un'iniziale pratica di suffragio, per assicurare la Salvezza
a quelli che erano morti senza aver ricevuto il Battesimo.
D:
Cosa c’insegna, S. Paolo, in 1Cor 12,12.24-27?
R: L’Apostolo presenta nel capitolo 12 di questa lettera, la Chiesa
come Corpo di Cristo, e ciò gli offre l’opportunità
di fare il seguente ragionamento circa il corpo umano: "... Dio
ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto...
Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più
necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le
circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con
maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio
ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava,
perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra
avessero cura le une delle altre" (1Cor 12,18.22-25). S.Paolo vuole,
quindi, mettere in luce la solidarietà che deve regnare nella
comunità dei credenti, cioè nella Chiesa. In virtù
del Battesimo e dell’effusione dello Spirito Santo, tutti i battezzati,
di qualunque provenienza sociale, diventano membra di uno stesso corpo.
In questa bellissima dottrina dell’Apostolo, la Chiesa Cattolica,
vede affermata la sua fede nell’esistenza del Purgatorio e soprattutto
nella possibilità dei suffragi per i defunti. S.Paolo, infatti,
c’insegna che tutti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito
Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui (cfr. Ef
4,16). L’unione, quindi, della Chiesa pellegrinante (esistenza
terrena) con la Chiesa purificante (esistenza nello stato del Purgatorio)
non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della
Chiesa è consolidata dalla comunione e dallo scambio dei beni
spirituali: Tutti siamo membra vive del Corpo Mistico di Cristo “Io
sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”
(Gv 11,25).
Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Purgatorio, Padri Gesuiti, Viale
S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli.