IV
domenica del tempo ordinario/C
28 gennaio 2007
Lc 4,21-30
[21]
Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa
Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». [22]Tutti
gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia
che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio
di Giuseppe?». [23] Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete
il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde
a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!». [24] Poi aggiunse:
«Nessun profeta è bene accetto in patria. [25] Vi dico
anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo
fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto
il paese; [26] ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova
in Sarepta di Sidone. [27] C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo
del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il
Siro».
[28] All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;
[29]si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero
fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata,
per gettarlo giù dal precipizio. [30] Ma egli, passando in mezzo
a loro, se ne andò.
D: Come mai, in questo episodio, si assiste ad
un improvviso ed esagerato cambiamento umorale, dei nazareni nei confronti
di Gesù?
R: Perché S. Luca, onde raggiungere un
suo scopo letterario, unifica tre viaggi di Gesù a Nazaret, riportati,
separatamente, da S.Marco e S.Matteo (cfr. 1° visita= Mt 4,13/Lc
4,16-22; 2° visita= Mt 13,53-58/Lc 4,23-24/Mc 6,1-6; 3° visita=
Lc 4,25-30).
D: E qual è questo suo scopo letterario?
R: Soprattutto, quello di offrire, un insegnamento religioso, e cioè
una catechesi cristologica. Egli, elaborando e sintetizzando varie fonti,
riguardanti i detti di Gesù, pone sulla bocca del Maestro questo
discorso programmatico. Tale discorso è in linea con l’intuizione
fondamentale che egli ha posto alla base del suo Vangelo e del libro
degli Atti: che la Salvezza dapprima proposta agli ebrei, deve estendersi
a tutte le nazioni.
D: In che modo, Gesù, inaugura la sua missione?
R: Mostrando di avere la potestà di compiere le promesse dell’AT.
Egli si presenta come il principio di un mondo nuovo, inizialmente riassunto,
nella liberazione degli oppressi e nella pienezza di vita per i poveri.
D: La rivelazione di Gesù, suscita dapprima
fiducia, poi stupore e infine scandalo e rigetto; S. Luca attribuisce
un significato allegorico a questa differente reazione dei nazareni?
R: Si, egli intende, innanzitutto mostrare che come i concittadini di
Gesù che hanno visto crescere il Maestro in mezzo a loro, lo
rigettano dopo una prima fittizia accoglienza; così farà
il popolo d’Israele. All’intensa Attesa dell’Inviato
di Dio seguirà, infatti, il rifiuto e l’accondiscendenza
ad un dio umano: “Non abbiamo altro re che Cesare”(Gv
19,15).
D: Solo questo intende S. Luca o è più
profondo nel suo messaggio?
R: No, il suo messaggio può essere spiegato ancora con maggior
precisione: La rivelazione di Gesù suscitò, una prima
risposta di stupore; in questa prima risposta S. Luca ha presente nel
suo pensiero la totalità d’Israele che non si è
opposta al Cristo (alcuni di loro hanno costituito la prima base della
Chiesa: gli apostoli, la comunità di Gerusalemme). Vi è
poi la risposta di scandalo e di rigetto, questa risposta, l’evangelista,
la evince da due ragioni: la prima, tocca direttamente la persona di
Gesù:“Non è costui il figlio di Giuseppe?”.
Gesù non è accettato perché si attendeva un Messia
che doveva manifestarsi in una forma esterna, splendida, sconcertante.
Per essi Dio doveva manifestarsi col mistero, con una realtà
che doveva imporsi alla mente perché proveniente dalla dimensione
divina.
La seconda ragione è analoga: essi vogliono miracoli (siamo sullo
stesso piano delle tentazioni che Gesù riceve da Satana, nel
deserto cfr. Lc 4,1-13), chiedono segni prodigiosi, vogliono avere la
certezza assoluta e hanno bisogno che Dio dimostri loro la verità.
Di fronte ad un Messia troppo umano e mite, essi reagiscono, di fatto,
mettendolo da parte.
D: Possiamo leggere in questi versetti, anche
un insegnamento spirituale per noi, oggi?
R: Si, certo. L’accoglienza festosa dei nazareni è simbolo
del nostro amore a Cristo, del nostro sforzo di camminare, in parte,
nei “binari” che egli ci ha tracciato con la sua missione;
lo stupore dei concittadini di Gesù è segno del nostro
atteggiamento di fronte alla Parola di Dio che c’interpella e
ci mette in discussione; la reazione negativa dei nazaretani diviene,
infine, l’immagine della nostra difficoltà a porci seriamente
alla sequela di Cristo, a vivere in pienezza il suo messaggio di carità
e di servizio per il Regno, ad accordare la legge divina con le leggi
umane e con i bisogni irrisori o le pretese del singolo rispetto al
bene della comunità, ecc.
D: Cosa intende insegnare Gesù, facendo
riferimento ai due grandi profeti del passato: Elia ed Eliseo?
R: Che i profeti di altri tempi non trovarono fede presso il loro popolo
e per questo offrirono la salvezza agli stranieri. Ora, però,
la storia si ripete, e il Profeta per eccellenza, che non è ascoltato
fra i suoi, offrirà la Salvezza alle genti d’altri popoli.
Per S. Luca la verità di questa scena si è compiuta in
modo totale nella missione fra i gentili, narrata nel libro degli Atti.
D: Se possiamo essere concordi che Gesù
ha attribuito a se questa ed altre profezie del libro d’Isaia,
di Daniele, ecc. onde presentarsi come il Messia atteso; non possiamo,
però, affermare che Gesù abbia detto di essere Dio?
R:
Certo, Gesù non lo disse direttamente, ma lo fece chiaramente
capire con le parole e con le opere: 1) con le parole = “Chi
ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9), “Tutto
quello che il Padre possiede è mio” (Gv 15,16), “Tutte
le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Gv 17,10),
“Io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv
14,11), “Io e il Padre siamo una sola cosa” (Gv
10,30), “Tutti onorino il Figlio come onorano il Padre”
(Gv 5,23);
2) con le opere = i miracoli che operava in virtù di una potenza
divina che era in lui (cfr. Lc 5,17), la potestà sugli elementi
della natura che gli obbedivano (cfr. Mc 4,39), il potere di rimettere
i peccati (cfr. Lc 5,20-24; 7, 47-50), di modificare la Legge (cfr.
Mt 5,11-32), di proclamarsi Signore anche del Sabato (Mc 2,28), ecc.
D: Ma Gesù disse: “Il Padre è
più grande di me” (Gv 14,28); questo non contrasta
con quando detto sopra?
R: No, perché in questo contesto, Gesù parla come uomo.
La sua inferiorità rispetto al Padre va riferita alla sua umanità.
Egli era l’Emmanuele ossia il Dio-con-noi, il Verbo fatto uomo
(cfr. Mt 1,23; Gv 1,14).
D: Come mai Gesù, sulla croce ha detto:
“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”
(Mc 15,34).
R: In questo testo e in altri consimili Gesù prega e soffre come
uomo. L’uomo Gesù poteva rivolgersi a Dio che era vicinissimo
a lui, perché lo sorreggesse nella gran prova della passione
e della morte. In questo caso specifico, poi, Gesù sta recitando
i salmi, insegnandoci a pregare anche e soprattutto nei momenti difficili
della nostra vita.
D: In Gv 17,3 Gesù dice: “Che
conoscano te (rivolto al Padre) il solo vero Dio”.
Dunque il Figlio si differenzia dal Padre in quanto alla vera divinità?
R: Gesù, qui, parla della conoscenza del solo vero Dio in opposizione
alla conoscenza delle false divinità. Egli non esclude affatto,
il Figlio che è una sola cosa con il Padre.
D: In Eb 2,9 è detto del Figlio che fu
fatto di poco inferiore agli angeli; questo non contraddice quanto fin’ora
detto?
R: Ancora una volta, ci troviamo di fronte a parole che, sono dette
del Figlio in quanto uomo, come risulta dal contesto. Di questo stesso
Figlio poco prima è detto: “Lo adorino tutti gli angeli
di Dio” (Eb 1,6).
Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
P. Nicola Tornese s.j., E voi chi dite che io sia?, 5° edizione,
padri Gesuiti, Napoli.
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana, 2° edizione, Brescia,
2002.
I classici blu –I QUATTRO VANGELI- Ed. BUR, 2005, Milano.