V
domenica di Quaresima/C
25 marzo 2007
Gv 8,1-11
[1]Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. [2]Ma
all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava
da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. [3]Allora gli scribi e i farisei
gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
[4]gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa
in flagrante adulterio. [5]Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato
di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». [6]Questo dicevano
per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù,
chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. [7]E siccome insistevano
nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi
è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».
[8]E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. [9]Ma quelli, udito ciò,
se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino
agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. [10]Alzatosi
allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha
condannata?». [11]Ed essa rispose: «Nessuno, Signore».
E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora
in poi non peccare più».
D: Perché gli scribi e i farisei conducono
la donna da Gesù dato che, secondo la Legge, non vi era alcun
dubbio che la donna dovesse essere condannata a morte?
R: Non certo, per essere illuminati dal Maestro sul valore di un comma
della Legge ma, per vedere quale atteggiamento egli avrebbe assunto
davanti ad un caso contemplato e risolto preventivamente dalla Legge
stessa. Il v.6 esplicitamente ci fa capire il loro ipocrita
atteggiamento.
D: In quali libri dell’AT, troviamo la prescrizione
a cui accennano i farisei?
R: Nel libro del Lv 20,10 e del Dt 22,22-24.
D: Ma perché i farisei, vogliono osservare
l’atteggiamento di Gesù, di fronte a questo determinato
caso?
R: Per mettere alla prova, il rispetto di Gesù per la Legge di
Mosé; nel caso che Gesù si fosse mostrato mite, come già
si era mostrato tale, in altre occasioni, nei confronti dei peccatori,
i farisei lo avrebbero accusato verso il Sinedrio. Cercavano, in pratica,
un motivo per accusarlo.
D: Perché Gesù si mette a scrivere
a terra?
R: Qualche esegeta, sulla base di quanto scrisse S. Girolamo che richiamò,
qui, il testo di Geremia: “Coloro che si allontanano da me
saranno scritti in terra” (Ger 17,13) ha dato questa interpretazione:
forse il Maestro, avendo il potere divino di leggere nei cuori delle
persone, scriveva a terra i loro peccati. Oggi non è considerata
attendibile tale interpretazione perché, il Signore non usa “due
pesi / due misure”, di conseguenza, se non condannò
l’adultera, non condannò neanche coloro che gliela avevano
condotta; egli, al contrario chiamò, sia la donna che i giudici
a conversione.
D: Quindi lo scrivere a terra di Gesù,
non ha un significato neanche allegorico?
R: No, sembra piuttosto che l’evangelista abbia riportato un gesto
di cui è stato testimone e il cui senso può essere interpretato
come un atto di rifiuto ad entrare in polemica con gli accusatori della
donna. Gesù conosceva bene la loro intenzione: metterlo in contrasto
con il grande legislatore Mosé. Il Maestro fa, quindi, l’assente
spingendo gli interlocutori ad insistere.
D: Cosa formulava la Legge riguardo al lancio
della prima pietra, durante una lapidazione?
R: La legge ebraica esigeva che il testimonio che aveva denunciato e
provato la colpevolezza dell’imputato fosse il primo a scagliargli
contro la pietra della condanna, al momento dell’esecuzione di
essa (Dt 13,10; 17,7).
D: Quindi, Gesù con la sua risposta si
richiama a un particolare della legge penale ebraica?
R: Si, e lo fa per suggerire a tutti un atteggiamento interiore di comprensione
e di mitezza verso i colpevoli. In questo modo egli non si limita a
dare una risposta che valga soltanto per il caso singolo dell’adultera,
ma si propone di illuminare le coscienze richiamando l’attenzione
non già sul colpevole da giudicare, ma su colui che vuole giudicare
gli altri.
D: Ma Gesù, qui, sembra che attenui o addirittura
neghi la colpa della donna?
R: Non è così, anzi non fa neppure delle riserve su una
legge giusta ordinata a tutelare i diritti della persona e dell’istituzione
familiare; egli vuole che nessuno si atteggi a giudice degli altri per
condannarli.
D: Gesù, con questa sua dichiarazione,
sta costituendo una nuova norma giuridica?
R: No, sta costituendo una norma di morale individuale.
D: Con le sue parole, Gesù, non pone dei
“paletti” all’esercizio di giudice?
R: No, egli non intende condannare il giudice legittimo che esercita
il suo ufficio per ristabilire l’ordine della giustizia che è
stato violato, né gli comanda di astenersi dal giudizio perché
peccatore.
D: Ma, in sintesi, cosa condanna Gesù?
R: Il Maestro condanna coloro che si atteggiano a zelanti tutori della
Legge quando si tratta degli altri, mentre essi non si preoccupano di
osservarla.
D: Gesù, poi, riprende a scrivere a terra?
R: Si, e lo fa per consentire agli accusatori di riflettere sulle sue
parole, con le quali li invitava ad un’introspezione su se stessi.
Qui si evince l’azione di Dio verso ogni creatura umana; egli
ci parla attraverso la Bibbia, la sua Chiesa; attraverso persone sagge
e giuste; attraverso gli eventi della nostra vita e poi ci dà
il tempo per riflettere, per guardare nel nostro intimo, affinché
liberamente rispondiamo al suo progetto d’amore.
D: Perché, dopo le fatidiche parole di
Gesù: “Chi di voi è senza peccato, scagli per
primo la pietra contro di lei” gli anziani sono i primi ad
allontanarsi da quel luogo? Forse perché avevano più colpe
da regolare con la propria coscienza?
R: Il motivo più probabile è che essi, più accorti
e con più esperienza degli altri, avevano subodorato meglio la
cattiva piega dell’incontro, ma anche perché si sentivano
maggiormente offesi.
D: Quale scopo hanno le parole del Maestro, rivolte
alla donna? (v.10)
R: Lo scopo di suscitare nell’accusata non soltanto sentimenti
di riconoscenza ma, soprattutto sentimenti di fiducia in colui che l’aveva
sottratta dalla pena di morte.
D: Con le parole: “Neppure io ti condanno”;
Gesù si presenta come il giudice supremo?
R: Certo, in queste parole possiamo leggervi, l’autorità
suprema di Cristo Gesù, dato che qui l’espressione condannare
ha un senso più esteso di quello che essa ha al v. precedente;
Gesù non soltanto non la condanna, ma la dichiara libera dalla
colpa e dalla pena, cioè le accorda il più ampio perdono
ammonendola, non già in termini severi, ma con accento fermo
di non tornare più a peccare in seguito.
D: Gesù fa una netta distinzione tra peccato
e peccatore?
R: Si, poiché mentre condanna senza mezzi termini il peccato
si mostra tenero, misericordioso verso i peccatori. Egli, a differenza
di noi che tante volte ci soffermiamo all’apparenza, emettendo
con facilità sentenze, legge nel cuore d’ogni singolo uomo.
Cristo conosce la fragilità umana per questo ha istituito due
sacramenti per cancellare i nostri peccati: il Battesimo e la Confessione.
D: Nel tentativo di mettere in difficoltà
Gesù, cosa avevano da guadagnare i dottori della Legge e i farisei?
R: Molto, stando al piano subdolo che già stavano meditando per
togliersi dai piedi quel Rabbi tanto scomodo. Gesù, poteva pronunciarsi
per l’applicazione della Legge, e, in questo caso la sua fama
d’uomo compassionevole e misericordioso sarebbe crollata. Inoltre,
si sarebbe potuto compromettere davanti alle autorità romane,
dato che, sotto l’amministrazione dell’Impero Romano, i
giudei avevano perso il diritto d’applicare la pena di morte (cfr.
Gv 18,31). Nel caso che Gesù si fosse pronunciato contro la Legge,
la situazione – tenendo conto della sua missione – sarebbe
stata non meno imbarazzante. Con quale diritto esponeva la Legge un
uomo che si pronunciava contro le sue disposizioni? Con quale autorità
si presentava al popolo come maestro? Qualsiasi posizione Gesù
avesse preso veniva a trovarsi in un “vicolo cieco”.
Per maggiore approfondimento rimando alla lettura di:
Dizionario teologico enciclopedico, ed. Piemme, Casale
Monferrato (Al), 2004.
I Classici Blu, I Quattro Vangeli, ed. BUR, Milano,
2005.