Approfondimento sulla Sacra Scrittura

"Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, devoti di Maria SS., Pace e bene.
In questo nuovo anno pastorale le “domande e risposte sul Vangelo”, si presentano con un nuovo “abito” diventando “domande e risposte sulla Bibbia”. Il lavoro è svolto con uno sguardo meno minuzioso al Vangelo della domenica, onde dare spazio alla trattazione di tematiche della dottrina della Chiesa Cattolica nel loro primo fondamento:
La Sacra Scrittura."

Don Salvatore Di Mauro OFS - Vicario parrocchiale


Epifania del Signore/A
6 gennaio 2008

Mt 2, 1-12

[1] Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: [2] «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». [3] All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. [4] Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. [5] Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
[6] E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà, infatti, un capo che pascerà il mio popolo, Israele.
[7] Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella [8] e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
[9] Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. [10] Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. [11] Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. [12] Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.


IL NATALE - II parte

D: Ma Gesù, non dobbiamo adorarlo come Re divino costituito dal Padre? Perché adorarlo come un bambino nella mangiatoia?
R: Gesù dice che chi non onora il Figlio, non onora neanche il Padre che l’ha mandato (cfr. Gv 5,21-23). In questo passo il Maestro afferma la sua uguaglianza col Padre sia come fonte di vita che come giudice universale. In virtù di questa uguaglianza il Figlio deve essere onorato, cioè, adorato come è onorato (adorato) il Padre. L’adorazione dovuta a Gesù anche come uomo, è basata sulla sua figliolanza divina. Gesù (Dio salva) è l’Emmanuele (Dio con noi) fin dalla sua nascita, perciò, deve essere adorato anche come “bambino” in una mangiatoia.

D: Ma non è nel Battesimo che Gesù viene costituito “Figlio di Dio”?
R: No, nel Battesimo che Giovanni gli amministra, Gesù è pubblicamente dichiarato, non costituito, Figlio di Dio in modo eccelso. Egli lo era già; tanto è vero che molto tempo prima, in presenza di Giuseppe e di Maria, egli aveva affermato di avere Dio per Padre (cfr. Lc 2,49-50; Mt 3,17).

D: Ma a Gesù appartiene la regalità fin dalla sua nascita? Oppure diviene Re con la Resurrezione?
R: Gesù è Figlio di Dio fin dalla sua nascita, quindi, è Re fin dal concepimento. Il Bambino nella mangiatoia è già rivestito di dignità regale e nel corso della sua vita questa maestà sarà rivelata (cfr. Lc 1,31-35). In effetti, i Magi chiedono del Re dei giudei che è nato (Mt 2,2) e i sommi sacerdoti, gli scribi convocati da Erode confermano l’appellativo con la prova della Scrittura Sacra (cfr. Mt 2,3-6; Mi 5,1). Inoltre, essendo il bambino: germoglio della casa di Davide (cfr. Is 11,1), la regalità gli appartiene fin dalla nascita (cfr. Lc 1,31), di fatto “sulle sue spalle è il segno della sovranità” (cfr. Is 9,5). Davanti a Pilato, poi, egli afferma di essere Re (cfr. Gv 18,37) prima ancora di manifestarsi nella gloria della Risurrezione.

D: Non troviamo nessuna affermazione, storicamente attendibile, semmai implicita, che il 25 dicembre sia la data della nascita di Gesù?
R: No, né la Bibbia e tanto meno la Chiesa Cattolica, nella sua lunga e ininterrotta Tradizione, dicono che il 25 dicembre sia la data sicura della nascita del Messia. La festa del Natale non è l’anniversario di una data, ma il ricordo e la celebrazione del più grande evento della Storia. Quest’Evento è un fatto storico attestato dalla Bibbia. Dio non ha voluto farci conoscere una data ma ha voluto che la nostra attenzione fosse rivolta all’Evento.

D: Oggi, il periodo natalizio è sfruttato per fini commerciali; può essere ancora considerato santo il Natale?
R: Si certo, infatti, l’abuso non distrugge la bontà di una realtà in se stessa giusta e voluta da Dio. Che alcuni, senza religiosità approfittino del Natale per scopi di solo lucro non distrugge il fatto che molti a Natale riacquistino la pace con Dio e con gli uomini.

D: Ma i Magi non rappresentano il Paganesimo invece del Cristianesimo? Inoltre, furono pure involontari esecutori di un complotto di Satana per uccidere Gesù?
R: Al tempo dei Magi nessuno poteva rappresentare il Cristianesimo, perché la religione cristiana ancora non esisteva. I Magi adempivano la profezia messianica d’Isaia: “Uno stuolo di cammelli t’invaderà (Gerusalemme), dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro ed incenso…” (Is 60,6). I Magi rappresentano le primizie dei pagani, che in seguito formeranno il Nuovo Israele: la Chiesa di Cristo (cfr. Gal 6,16; Ef 3,1-11). Se la loro venuta fu causa involontaria di un complotto di Satana, non per questo potremmo non considerarla un opera divina. Tutte le opere divine, infatti, hanno il contrassegno della persecuzione.

D: Il gesto dei Magi non è di origine pagana?
R: Il gesto che essi compiono serve, soprattutto, ad adempiere le Sacre Scritture. Esso è un gesto simbolico e di grande venerazione verso quel Bambino che a parere loro sarebbe divenuto un grande uomo. Maria e Giuseppe accettano quei doni poiché capiscono la bontà e l’importanza di tale offerta.

D: Perché il dono dell’oro, incenso e mirra è simbolico?
R: I tre doni hanno avuto anche un valore materiale ma, soprattutto assumono singolarmente un valore simbolico, poiché ciascuno di essi descrive, in modo unico e prezioso, quello che Gesù Cristo è, quello che ha fatto per tutti gli uomini e, come conseguenza della sua opera perfetta, quello che il Padre ha provato in Lui. Questi doni, infatti, nella loro simbologia, si sono distinti in tutta la vita terrena del Signore, dal giorno della sua nascita fino al giorno della sua morte. Leggiamo nel racconto della presentazione di Gesù al tempio:“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione (qui si fa riferimento alla purificazione di Maria, quale novella madre) secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà consacrato al Signore»; e per offrire il sacrificio di cui parla la legge del Signore, di un paio di tortore o di due giovani colombi”(Lc 2,22-24). Nel testo della Legge relativa alle donne che hanno partorito, leggiamo: “Se non ha mezzi per offrire un agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio per il peccato” (Lv 12,8). Da questo testo deduciamo che i genitori di Gesù erano poveri, perciò l’oro, che i magi offrirono a Gesù, nel suo valore prettamente materiale, probabilmente servì al sostentamento della sua famiglia costretta a rifugiarsi in Egitto durante la persecuzione d’Erode. Dalla definizione dell’oro possiamo risalire al suo valore simbolico relativamente alla persona del Signore Gesù:“L’oro puro si presenta come un metallo lucente di colore giallo caratteristico, assai tenero, duttile ed estremamente malleabile (questi termini ci parlano della perfetta sottomissione di Gesù nell’adempiere il piano di salvezza che il Padre gli aveva preparato prima della fondazione del mondo: Egli non si è mai ribellato). Tra le sue caratteristiche troviamo che l’oro è un ottimo conduttore del calore (c’indica l’opera di Gesù, il quale ci ha trasmesso fedelmente il calore dell’amore del Padre) ed è un ottimo conduttore dell’elettricità (caratteristica che può parlarci della luce spirituale, e quindi della nuova vita, generata nei credenti dallo Spirito Santo per mezzo della fede posta in Gesù). Per la sua grande inerzia agli agenti chimici, l’oro viene considerato il metallo nobile per definizione: la proprietà che ha l’oro di non ossidare e di non corrodersi può parlarci dell’incorruttibilità del nostro Signore, il quale “è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato”;questa proprietà è inalterabile nel tempo e ci aiuta a ricordare che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”(Eb 4,15; 13,8). Per le sue caratteristiche l’oro è da sempre usato specialmente per adornare i nobili regnanti e le loro case; perciò, il fatto che esso sia nominato per primo, mette in evidenza la nobiltà di Gesù e lo scopo per cui il Figlio di Dio venne su questa terra, che era quello di stabilire in essa il suo regno divino. Infatti, poiché Gesù Cristo è Dio fatto uomo, ed è Re dall’eternità, sotto l’impulso dello Spirito Santo, questo titolo gli fu riconosciuto anche dagli uomini suoi contemporanei: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?” chiesero i magi alla sua nascita.“Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele”, gli disse Natanaele all’inizio del suo ministero” (Gv 1,49).“Benedetto il Re che viene nel nome del Signore”, disse a gran voce il popolo israelita al suo ingresso trionfale in Gerusalemme (Lc19,38).“Ma dunque, sei tu re?”, chiese Pilato, nel suo interrogatorio, prima di abbandonarlo nelle mani dei suoi nemici perché fosse crocifisso, e Gesù rispose:“Tu lo dici; sono re; io sono nato per questo, e per questo sono venuto al mondo”(Gv18,37). E Pilato, avendolo riconosciuto tale, scrisse e fece apporre sulla croce il titolo che gli apparteneva di diritto, scritto in ebraico, in latino e in greco: “Gesù il nazareno, il re dei Giudei” (Gv 19,19). Facendo questo, Pilato, fu un involontario strumento nelle mani dello Spirito Santo per dichiarare al popolo israelita che l’uomo che moriva su quella croce, non solo era il loro Re, il Messia tanto atteso, ma era anche l’Unigenito Figlio di Dio, uno con il Padre, come Gesù stesso aveva più volte dichiarato. All’epoca c’era l’usanza, che persiste ancora oggi, che gli scribi prendessero le lettere iniziali delle parole componenti una frase per formarne un’altra con un altro senso. E quale fu la loro sorpresa, quando improvvisamente, al cospetto della Croce, si accorsero che le iniziali della frase ebraica: “Yeshua Hanozri Wumelech Hajehudim”, altro non erano che il tetragramma sacro ed impronunziabile del nome di Dio: “YHWH”. Il secondo dono è l’incenso che è una“Gommoresina che si estrae, mediante incisione della corteccia, da varie piante. Si presenta sottoforma di grani tondeggianti o irregolari, trasparenti, fragili, con odore aromatico. Quando viene bruciato si decompone svolgendo fumi bianchi dal caratteristico odore e per il suo profumo e la tendenza di salire verso l’alto l’incenso è simbolo della preghiera”. Il “Dizionario Biblico” ci fa conoscere che la parola ebraica utilizzata per “incenso” deriva dalla parola “bianco”, termine che ci ricorda la vita immacolata e senza peccato di Gesù nella sua duplice funzione: di Sommo Sacerdote e di Vittima.“A noi era necessario un sommo sacerdote come quello: santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli; il quale... è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna” (Eb 7,26-27; 9,12-13). L’incenso veniva e viene considerato il simbolo spirituale della consacrazione e della preghiera. Nei vangeli leggiamo che Gesù amava molto rivolgersi al Padre in preghiera; infatti, scorrendo le pagine, vediamo che pregò: Pubblicamente nell’occasione del suo battesimo (Lc 3:21). Da solo nei luoghi deserti (Lc 5:16). Di notte sul monte prima di eleggere i dodici apostoli (Lc 6,12). Ancora di notte sul monte prima di raggiungere i suoi discepoli camminando sull’acqua (Mt 14:23). In disparte dai suoi discepoli prima di chiedere loro chi Egli era (Lc 9,18). Sul monte della trasfigurazione con Pietro, Giovanni e Giacomo (Lc 9,28) ecc. In tutto ciò che Gesù disse e fece, in tutto il Suo cammino e nelle Sue opere, Egli fu come un sacrificio d’odor soave presso il Padre. Il terzo dono: la mirra. Essa è una “Gommoresina secreta da diverse piante appartenenti alla famiglia delle Burseracee, in particolare dalla Commiphora abyssinica, albero spinoso alto sino a dieci metri, originario dell’Abissinia e dell’Egitto” (le spine ci ricordano la corona di scherno che Gesù dovette portare sul suo capo). La mirra si presenta sotto forma di grani tondeggianti, o frammenti irregolari di colore rossastro all’esterno e quasi bianchi all’interno con un lieve odore aromatico e sapore amaro (i grani tondeggianti di colore rossastro ci ricordano le gocce di sangue che coprirono da prima il volto di Gesù nel Getsemani, poi il suo capo coronato di spine e infine tutto il suo corpo flagellato e martoriato dalla crocifissione). La mirra fin dai tempi remoti fu usata come profumo e sostanza purificante. Nell’Antico Egitto veniva adoperata nell’imbalsamazione, mentre nel contesto popolare fu usata come astringente e anestetico. Anche la mirra entrava a far parte della composizione dell’olio santo che veniva usato solamente per uso sacro (Es 30,23). Quest’erba amara, nella sua simbologia, ci parla delle sofferenze di Gesù, la cui intera vita è stata contrassegnata da persecuzioni sin dalla più tenera infanzia, da incomprensioni, da tradimenti, fino al loro culmine nella sua morte in Croce. Ritroviamo la mirra donata a Gesù, durante la crocifissione, quale unico atto di compassione, “Gli diedero da bere del vino mescolato con mirra; ma non ne prese” (Mc 15,23) e dopo la sua morte:“Dopo queste cose, Giuseppe d’Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma in segreto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di poter prendere il corpo di Gesù, e Pilato glielo permise. Egli dunque venne e prese il corpo di Gesù. Nicodemo, che in precedenza era andato da Gesù di notte, venne anch’egli, portando una mistura di mirra e d’aloe di circa cento libbre (circa trenta chilogrammi). Essi dunque presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in fasce con gli aromi, secondo il modo di seppellire in uso presso i Giudei” (Gv 19,38-40).


Per maggiori approfondimenti invito alla lettura di:
Nuovo Grande Commentario Biblico, Queriniana,
P. Nicola Tornese SJ, Il Natale, festa pagana?, Padri Gesuiti, Viale S.Ignazio, 51 – 80131 Napoli
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